Incentivi al Sud, categorie critiche In Veneto evasione fiscale a 9 miliardi
Polemiche sulle decontribuzioni. Donazzan: «Ma qui la vera emergenza è il credito»
Incentivi «doppi» al Sud per il rilancio dell’occupazione giovanile grazie ai fondi europei. In Veneto critiche le categorie economiche ma anche la Regione: «Non sanno spendere i soldi, vanno commissariati». E, intanto, la Cgia di Mestre dà i numeri dell’evasione che, in regione, supera i 9 miliardi di euro pari, però, a una media inferiore a quella nazionale.
Sgravi contributivi per nuovi assunti sotto i 25 anni. Come a dire,un’iniezione di speranza economica e sociale insieme. A Sud, nel 2018, sarà del 100%, nel resto d’Italia, Veneto incluso, si fermerà al 50%. E il provvedimento, legato all’Europa che finanzia le aree «depresse», da alcuni Land tedeschi a buona parte della Grecia, riguarda anche le regioni del sud Italia. Sul piatto 500 milioni per rilanciare l’occupazione. Una scelta che scontenta Regione e categorie economiche del Veneto che commentano, compatte: «I contributi a pioggia non servono, soprattutto non al Sud che non è neppure in grado di spendere quei soldi, com’è successo in passato».
Intanto l’Anpal, l’Agenzia nazionale per le politiche attive, concretizzerà questa novità della legge di bilancio a giorni: esonero completo per i nuovi contratti a tempo indeterminato nelle 8 regioni meridionali per under 25 e per over25 (ma fino a 35 anni) con alle spalle una disoccupazione di almeno sei mesi. Il tutto sempre e solo nel Mezzogiorno. Il tema, particolarmente spinoso, pone il rischio di scivolare nella semplicistica contrapposizione «Nord stakanovista» e Sud in perenne difficoltà. Rischio evitato, in buona parte, dalla politica e delle categorie economiche venete che tuttavia articolano ragionamenti più ampi sulle politiche di rilancio. Da una parte non sarebbe più tanto il costo del lavoro a zavorrare le imprese venete quanto la tassazione complessiva. Dall’altro la vera emergenza di questi mesi è l’accesso al credito che, dopo il crack delle banche venete, proprio per il salasso fiscale costante sta mettendo in ginocchio imprese paradossalmente oberate di commesse e quindi potenzialmente in buona salute. Una matassa aggrovigliata in cui tutto si tiene. «Il Sud non è in grado di spendere quei soldi spiega Francesco «Franco» Giacomin, direttore di Confartigianato Veneto - addirittura manca la capacità di realizzare i progetti di spesa. In più, la nostra preoccupazione concerne proprio il meccanismo che sta alla base della decontribuzione a termine: favoriscono fiammate e non crescite strutturali. Un rischio soprattutto al Sud dove si dovrebbe favorire la micro impresa piuttosto che situazioni da mordi e fuggi».
Parla, secco, di «due pesi e due misure» il presidente di Confcommercio Veneto, Massimo Zanon mentre i sindacati avanzano una tiepida difesa d’ufficio da parte dei tre segretari generali. «La maggior parte dei contributi dice Christian Ferrari della Cgil - sono finiti al Nord in questi anni e sostenere la ripresa del mercato interno al sud torna utile anche al tessuto imprenditoriale veneto. Ammesso e non concesso che basti». In linea Onofrio Rota della Cisl: «Incentivo al Sud che non è utile senza una vera ripresa economica. Serve visione qui, come al Sud». E per l’omologo della Uil, Gerardo Colamarco: «gli incentivi sono una risorsa importante ma non decisiva. Segnalo, invece, che con lo stesso decreto Anpal, viene anche stabilito che le aree di crisi industriale complessa, tra le quali Porto Marghera, potranno beneficiare di 12 mesi aggiuntivi di ammortizzatori: Cigs e mobilità».
Chiara la visione dell’assessore regionale al Lavoro Elena Donazzan: «Le regioni del Sud nella cosiddetta fascia con “obiettivo inclusione” hanno una marea di soldi che non sono in grado di spendere e lo Stato avrebbe fatto meglio a usare anche la leva di un eventuale commissariamento dove non si è stati in grado di gestire questi fondi. La logica è quella dell’autonomia a geometria variabile: mani libere alle regioni capaci, più controllo centrale sulle altre. Ciò detto, la politica degli incentivi è fallimentare da Nord a Sud perché non è strutturale basta pensare agli incentivi via via sfumati del Job’s Act. Ciò che le aziende con cui mi confronto quotidianamente chiedono non sono incentivi all’assunzione visto che ormai il nostro costo del lavoro è uguale a quello tedesco, bensì una minore pressione fiscale». I dati di Veneto Lavoro, in questo senso, corroborano la tesi che il mercato del lavoro non abbia subito scossoni indipendentemente dagli incentivi. «Anzi, semmai - chiosa il direttore, Tiziano Baroni - vediamo una crescita delle cessazioni volontarie, in un mercato in espansione si cambia lavoro verso condizioni più vantaggiose». Le emergenze sono altre e l’allarme arriva proprio da Donazzan che anticipa: «Ne parleremo a breve ma fra Natale e Capodanno ho avuto notizia di aziende venete alle prese con crisi kafkiane. All’improvviso concordati, fallimenti e licenziamenti di massa nonostante una mole di commesse in continua crescita. Sono molto preoccupata dei problemi legati al crollo delle banche venete: il lavoro c’è, le commesse pure ma l’accesso al credito no. Manca la liquidità».