Corriere di Verona

L’ex sindaco: «Dico no ad altri collegi in Italia»

Tosi: «La Lega ha paura di me E la mia sfida è in Veneto»

- Marco Bonet

«Quello di Salvini è un veto personale, dettato dalla paura. Lui sa benissimo quanto può valere un’operazione come Noi per l’Italia in Veneto, con Tosi, e in Lombardia, con Lupi. E sono le due Regioni che gli stanno più a cuore». Politiche, Flavio Tosi si rimette in gioco con la «quarta gamba». E risponde alle polemiche che lo vedono protagonis­ta dopo il veto di Salvini alla sua candidatur­a. «La mia sfida è in Veneto - specifica l’ex sindaco di Verona - e rifiuto altri collegi in Italia».

Su Bisinella Se avessi solo voluto salvare noi stessi, avrei sfruttato altre chance Fornero e flat tax Vanno fatte promesse compatibil­i con i conti pubblici

Flavio Tosi, la Lega proprio non la vuole. Il veto di Salvini, e soprattutt­o quello della Liga Veneta, potrebbero costarle la candidatur­a.

«Il veto non può essere politico, perché a differenza di altri noi non abbiamo mai votato la fiducia ai governi di centrosini­stra. Quello di Salvini è un veto personale, dettato dalla paura. Lui sa benissimo quanto può valere un’ operazione come “Noi per l’Italia” in Veneto, con Tosi, e in Lombardia, con Lupi. E sono le due Regioni che gli stanno più a cuore». Quanto pesa oggi Flavio Tosi in Veneto?

«Stiamo ai numeri: alle Regionali del 2015, con uno schema simile a quello attuale e una campagna fortemente orientata al “voto utile”, con Flavio Tosi candidato (parla sempre di sé in terza persona, come a voler “oggettivar­e” ogni ragionamen­to ndr.) abbiamo preso il 12% in Veneto e il 28% a Verona, città e provincia. Qualche mese fa, alle Comunali a Verona, senza Flavio Tosi candidato direttamen­te, abbiamo preso il 24%. Basta fare due conti per capire quale sia il mio peso».

Dicono che il suo unico scopo sia salvare se stesso e la sua compagna, la senatrice Patrizia Bisinella.

«Nella storia della Lega farà fatica a trovare qualcuno che si è dimesso da parlamenta­re europeo ed ha rinunciato ad un posto in consiglio regionale come ha fatto Flavio Tosi. La mia salvezza personale avrei potuto barattarla senza problemi alla vigilia delle Comunali di Verona ma non è nel mio stile. Pensa così chi ragiona così». Potrebbe essere candidato al Sud o all’estero?

«Non temo le sfide, accetterei la candidatur­a nel listino proporzion­ale, ovviamente in

Veneto».

Ma lei crede davvero che la «quarta gamba» serva al centrodest­ra per vincere?

«È l’unica speranza che ha per provare a vincere le elezioni e governare da solo, senza fare accordi».

Firmerà il patto «anti inciucio» preteso da Salvini e Meloni?

«Lasciamo stare per un momento Flavio Tosi. Lo dicono tutti gli analisti, e lo ha ripetuto più volte proprio Meloni, che il Rosatellum rende realistica la probabilit­à di un

governo di larghe intese. È la conseguenz­a della bocciatura del referendum costituzio­nale, parte tutto da lì».

Abolizione della legge Fornero, flat tax, pensioni minime a mille euro. Ci crede?

«Sulla Fornero ho letto che si parla di “abolizione degli effetti deleteri” che è cosa ben diversa da quella abolizione

tout court che qualcuno tenta di vendere a fini elettorali. Io penso si debbano fare promesse compatibil­i con i conti pubblici: la flat tax salviniana al 15% è impraticab­ile, al 2325%

come dice Berlusconi è fattibile. Va detto agli elettori, però, che prima si deve cambiare la Costituzio­ne, perché la progressiv­ità delle imposte è scritta lì».

In passato lei non ha lesinato critiche a Berlusconi, invitandol­o a farsi da parte. Ora corre con lui, lo indica come leader e rischia di doverlo ringraziar­e se riuscirà a salvarla dal veto di Salvini…

«Prima della caduta di Berlusconi, nel novembre 2011, dissi che se avesse lasciato e indicato un delfino il centrodest­ra

che non poi ha avrebbe fatto. fatto La mia la fine fu una valutazion­e politica. Dal punto di vista personale, Berlusconi era ed è la persona più votata del centrodest­ra. Basta guardare com’è finita in Sicilia: Salvini e Meloni hanno fatto il 5%; Berlusconi il 17%».

A conquistar­e il Sud ci aveva provato lei prima di Salvini. Non funziona.

«Salvini ha finito col benedire ciò che aborriva, sono il suo peccato originale e per questo mi ha espulso. Non solo il Sud, ma la secessione, il partito nazionale… Io avrei avuto la coerenza per realizzare quel progetto. Lui deve rinnegare vent’anni di storia».

Anche sui fascisti in Lega le cose sono cambiate dai tempi di Bossi.

«Io non mi sono mai vergognato della mia storia. Sono un uomo di destra, a differenza di Bossi e Salvini che nascono a sinistra». A distanza di anni si è pentito della rottura con la Lega?

«No, rifarei tutto mille volte, allo stesso modo. Flavio Tosi ha fatto la stessa fine degli altri leader della Liga veneta che hanno provato ad alzare la testa davanti alla Lega lombarda, da Franco Rocchetta a Fabrizio Comencini».

Lei lo conosce bene, la decisione di Maroni di non ricandidar­si in Lombardia l’ha sorpresa?

«Ho molti motivi di risentimen­to nei suoi confronti, visto che fu il garante del patto del Pirellone poi tradito da Salvini, ma gli ho sempre riconosciu­to d’essere stato il miglior ministro dell’Interno del dopoguerra. Ciò premesso, anche quando lasciò la segreteria della Lega parlò di una “scelta di vita” per cui sì, io gli credo. Non penso a chissà quali doppi fini».

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