Maestre a rischio licenziamento Disagi a scuola, 200 in sciopero
La protesta fa chiudere quattro scuole in provincia. Molte le classi senza maestra al rientro dalle vacanze Polemica sulla data. Le diplomate: «Molta solidarietà dai genitori, è lo Stato che ha cambiato le regole»
Lo sciopero delle VERONA «maestre col diploma» fa chiudere, al rientro dalle vacanze natalizie quattro scuole in provincia. In circa duecento non si presentano al lavoro. Adesione più alta nel resto del Veneto, con 53 istituti che non hanno aperto i battenti.
Più della fedeltà al sindacato, più delle motivazioni politiche, più della data (che in molti casi è stato un disincentivo) hanno contato le relazioni personali, la conoscenza, l’amicizia. A Verona, secondo le prime stime, hanno scioperato circa duecento insegnanti delle scuole elementari: poche per creare davvero disagio in una provincia che, di scuole primarie, ne conta ben 107, divise in una trentina di istituti comprensivi. Alla fine sono stati quattro i plessi a chiudere, tutti molto piccoli: l’elementare di Breonio, nel comune di Fumane, quella di Vallese ad Oppeano, quella di Sant’Andrea a Cologna Veneta e quella di Cherubine a Cerea. Quattro scuole in cui si trovavano insegnanti nella stessa, identica situazione: precarie, con il solo titolo di studio «utile» per l’insegnamento del diploma magistrale e con lo spettro di un licenziamento di fatto a fine anno scolastico. Sono mancate loro: quasi tutte sono andate a protestare a Roma, Milano e Venezia, dove si tenevano le principali manifestazioni (a Roma sono andate in 70). Sono mancati, in certi casi, per solidarietà, alcuni colleghi. È accaduto così a Breonio, dove tutte le quattro insegnanti di quella che è una scuola «pluriclasse» (con una classe unica che raggruppa diversi anni scolastici) hanno fatto cordone intorno a Erica Zardini, che da tempo insegna nella piccola scuola. Solidarietà che non è mancata nemmeno dalle famiglie e persino dai bambini, che hanno dedicato alla maestra diversi disegni. «Quella di Breonio è una piccola comunità - fa sapere Zardini - e tengono molto alla loro scuola. E i genitori faticano a capire come mai un’insegnante, che qui è sempre stato difficile reperire se ne debba andare». Un copione che si è ripetuto nelle altre scuole che sono rimaste chiuse. Non sempre è stato possibile avvisare i genitori in tempo: la comunicazione dello sciopero, indetto da alcuni sindacati di base, è arrivato durante le vacanze di Natale e non è stato possibile dare un avviso «a mano» ai genitori, né raccogliere, come avviene di solito, le intenzioni degli insegnanti
L’insegnante Siamo abilitate con il diploma, ma hanno cambiato le regole
I sindacati confederali Brutta la scelta di una data che coincide con il ritorno a scuola
in un sondaggio non vincolante.
La data scelta dai Cobas non è piaciuta ai sindacati confederali, «rischia di passare un cattivo messaggio, che potrebbe banalizzare quello che è un problema serissimo» è il commento che arriva dalla Cisl e dallo Snals di Verona. Il messaggio, naturalmente, è che qualcuno ha scioperato per avere «un giorno di ferie in più». In certe scuole, però, proprio la data ha fatto da deterrente alla protesta. «Avremmo voluto essere di più a sostenere le nostre colleghe che rischiano di perdere il posto - spiega un’insegnante del comprensivo Dante Alighieri di Cologna (dove è rimasta chiusa una sede) - ma i tempi non ce l’hanno permesso». Stessa spiegazione arriva dalle scuole del centro storico, dove le assenze sono state molto più ridotte. Parziale eccezione per il comprensivo 14 di San Massimo: alle primarie Collodi si sono presentate solo cinque insegnanti su venti, sono saltate le lezioni ordinarie, ma gli alunni sono rimaste in classe comunque.
Non sono mancate le polemiche. Attacca un docente universitario, Paolo Golinelli: «Ho insegnato per anni al corso di scienze della formazione primaria, ho conosciuto molte studentesse molto impegnate ed entusiaste, che al termine di cinque anni di studio dovrebbero andare a insegnare ai bambini. Dovrebbero, se ci fosse il posto; ma se questo è occupato da maestre, senza laurea, che l’hanno ottenuto in qualche modo, in deroga alla regola che prevedeva da trent’anni la necessità della laurea, non potranno».
Secca la risposta che arriva da parte di una delle insegnanti coinvolte, Elena Pasini, che ieri è andata a manifestare a Roma. «Non siamo state prese in deroga, ci siamo diplomate quando ancora quello era il sistema per accedere all’insegnamento. E dirò di più: nessuno ha mai messo in dubbio la nostra abilitazione, che deriva dal diploma magistrale. Ci hanno escluso dalle graduatorie, che per chi non è di ruolo significa essere licenziato. Molte di noi sono laureate (dopo aver seguito corsi che non abilitano, ndr)e si sono iscritte a ogni genere di corso abilitante, anche se sulla carta non era richiesto. L’ultimo è stato il “Pass”, che non è mai partito, facendo perdere a tutti i cento euro dell’iscrizione». È una materia complessa, difficile da spiegare ai genitori. Quel che è certo è che lo sciopero proclamato quasi a sorpresa, tra lo scetticismo generale, nonostante il mancato sostegno delle sigle principali, un po’ di seguito l’ha avuto e ha creato più di qualche disagio. Vale per Verona e provincia dove gli scioperi di successo, nel mondo della scuola, sono stati molto rari negli ultimi dieci anni. Vale, ancora di più, per il resto del Veneto, dove sono rimaste chiuse 53 scuole, specialmente nel Veneziano e nel Padovano. Per sapere che accadrà ora, occorrerà attendere il parere dell’avvocatura di Stato e, magari, qualche provvedimento da parte di un futuro governo. Ci sarà ancora qualche mese di buio.