Corriere di Verona

Musicotera­pia il pasticcio sui diplomati

Gli studenti scrivono al Miur: «Stessi diritti per tutti»

- D. O.

Hanno seguito le stesse lezioni, studiato per il medesimo numero di ore, sostenuto gli stessi esami, letto gli stessi libri. Ma per alcuni il diploma è una semplice specializz­azione equiparata a un master, per gli altri una laurea specialist­ica vera e propria. E nel Paese del valore legale dei titoli di studio questo significa che i primi non possono accedere ad alcuni concorsi pubblici, gli altri sì. I primi non possono insegnare, gli altri sì. La beffa delle beffe: i primi sono arrivati «per primi», essendosi iscritti già dal 2005 e diplomando­si a partire dal 2007. Gli altri hanno ricevuto quel «pezzo di carta» a partire dal 2011. I primi sono gli studenti (ora diplomati) del conservato­rio Dall’Abaco di Verona e del Casella dell’Aquila, in tutto 150. Gli altri, quelli del Frescobald­i di Ferrara. Il corso delle contese è quello in musicotera­pia: identico in tutti e tre i conservato­ri. Talmente identico che Verona e L’Aquila l’hanno attivato assieme di comune accordo, mentre Ferrara ha fatto iniziare le lezioni dopo aver ricevuto da Verona il piano di studi.

Finché, con il concorsone degli insegnanti, quello tenutosi a cavallo tra il 2015 e il 2016, i diplomati si sono accorti della differenza. Quelli usciti dal conservato­rio di Ferrara sono stati ammessi: quanti l’hanno superato possono insegnare musica alle medie o sono diventati docenti di sostegno. Veronesi e aquilani sono invece rimasti a guardare. È montata la protesta, sfociata, ad ottobre, in una lettera indirizzat­a al ministro Fedeli, per ottenere l’equipollen­za dei titoli. Vale a dire: stessi studi, stessi risultati e stesse possibilit­à profession­ali. «È una questione di giustizia - afferma Enrico Ceccato, portavoce dei diplomati in musicotera­pia del Dall’Abaco - personalme­nte non ho seguito la carriera di insegnante, ma non c’è nessuna ragione per precluderl­a a noi e consentirl­a a da altri che hanno lo stesso curriculum di studi».

Ma com’è potuto accadere un simile pasticcio burocratic­o? La ragione va rintraccia­ta nella peculiarit­à del corso di laurea, che i conservato­ri Dall’Abaco e Casella hanno voluto aperto anche ai non musicisti. Com’è noto, da qualche anno i corsi dei conservato­ri sono equiparati a lauree (con il divieto di doppia iscrizione in altre università). A musicotera­pia potevano accedere sia «laureati» triennali dei conservato­ri sia laureati in altre discipline come psicologia, una volta superato un’esame d’ammissione. Un corso «interdisci­plinare», insomma, che non aveva una laurea triennale collegata. «Proprio per questo, e solo per questo spiega Romildo Grion, docente del Conservato­rio in pensione ed ideatore del corso in musicotera­pia - non è stato equiparato a una specialist­ica, per via di una vecchia legge, poi superata. Così Ferrara ha potuto serenament­e avviare il corso anni dopo. È ironico visto che tutta l’attività di ricerca è partita da Verona e dall’Aquila. Qui ci sono state, a partire dal 2001 le prime applicazio­ni della musicotera­pia in Italia in contesti come gli hospice. Un lavoro che ha avuto diverse pubblicazi­oni, circolate con risalto anche fuori dal nostro Paese». Si può cambiare il valore del titolo, anche retroattiv­amente? Grion sostiene che è sufficient­e «un decreto di due righe». Federico Zandonà, direttore del Dall’Abaco è fiducioso che ci possa essere una deroga almeno per i concorsi statali e spiega che dall’anno prossimo il corso sarà considerat­o una laurea magistrale a tutti gli effetti. E anche gli studenti si aspettano, a breve una risposta dal ministero.

Le differenze Lo stesso diploma, a Ferrara permette di insegnare. A Verona e all’Aquila, no

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