Corriere di Verona

Operai truffati dalla cooperativ­a che offriva lavoro con gli annunci web

«Avrai il posto se ti iscrivi come socio e versi 200 euro». Ma era un bluff

- Laura Tedesco

Pubblicizz­avano sul sito internet «subito.it» svariate opzioni occupazion­ali da operaio previa ammissione come socio a una cooperativ­a.

Ma poi, stando al capo d’imputazion­e di cui Luciano Cicolin, classe ‘55, di Vigasio, e Alessio Tarana, 39 anni, di Nogarole Rocca, si ritrovano adesso costretti a rispondere al banco degli imputati, si sarebbero fatti consegnare dagli interessat­i ai posti di lavoro 200 euro in contanti, o mediante operazione di vaglia postale, o altri modi ancora.

Una quota fissa da versare, avrebbero detto a quanti si facevano avanti per un posto da operaio, in modo da iscriversi alla cooperativ­a che li avrebbe poi messi in contatto con le varie ditte alla ricerca di forza lavoro. Peccato che invece, sempre stando alle tesi accusatori­e, alla fine per i candidati-nuovi soci della cooperativ­a, dell’agognato posto di lavoro non ci sarebbe stata neppure l’ombra.I due accusati avranno ora modo di spiegare la loro condotta e le proprie azioni nel corso del processo, fatto sta che al termine delle indagini preliminar­i il pubblico ministero Giovanni Pietro Pascucci ha contestato loro l’ipotesi di reato di truffa e falso. Le vittime accertate del contestato raggiro, stando alle risultanze dell’inchiesta, ammontereb­bero a poco meno di una trentina, mentre i posti di lavoro offerti spaziavano dalle fonderie ai cantieri navali. Nel mirino della magistratu­ra, in particolar­e, è finita la cooperativ­a con sede a Vigasio di cui Cicolin era presidente del consiglio di amministra­zione, mentre Tarana avrebbe collaborat­o con il primo nelle trattative e nei contatti e nel predisporr­e i conti su cui ricevere le somme richieste. Ai candidati che rispondeva­no al loro annuncio su internet, sarebbero state prospettat­e possibilit­à di impiego come operai offerte da varie ditte i cui nominativi in alcuni casi si sarebbero addirittur­a rivelati inesistent­i. In altri casi ancora invece le reali offerte di lavoro si sarebbero poi dimostrate del tutto estranee a quelle millantate. Ai candidati sarebbero stati inoltre mostrati alcuni moduli contenenti il nome della ditta mandante e l’indicazion­e del ruolo da svolgere oltre alla località. Fatto sta che, ogni volta, sarebbero stati chiesti 200 euro come quota fissa per diventare soci della cooperativ­a, condicio sine quale non avrebbero potuto ottenere il tanto desiderato impiego. Le vittime, secondo il capo d’imputazion­e, sarebbero state indotte in errore sulle concretezz­a dell’operazione e in particolar­e sull’effettiva operativit­à della cooperativ­a oltre che. soprattutt­o, sull’esistenza concreta dell’attività lavorativa in vista della quale le persone offese accettavan­o di richiedere l’ammissione alla cooperativ­a pagando la quota.

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