«La storia di Xenia dimostra che i medici si sono sbagliati»
(m.s.) La scienza a VERONA volte parla attraverso lo sport e a volte anche la tenacia è una scienza. «Appena nata ebbi un’enorme emorragia cerebrale, i medici non davano speranze, al massimo sarei sopravvissuta senza parlare né camminare. Ma i miei genitori non si sono mai arresi. E nemmeno io». Centro Marani, ieri, tavola rotonda sull’«importanza del recupero neurologico». Xenia Palazzo, nuotatrice, classe ’88, veronese d’adozione, prima atleta italiana di sempre nella categoria S14 (difficoltà cognitivo/relazionale) a strappare un pass per le Paralimpiadi, quelle di Rio 2016 – «ora lavoro per Tokyo 2020» – racconta la tenacia che fra cure e allenamenti l’ha portata fino ai Giochi. Una storia, un esempio. «Vent’anni fa di fronte a un disturbo neurologico si escludeva il recupero», spiega il dottor Bruno Bunetti, direttore U.O.C. di Neurologia «A» dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata: «Xenia dimostra che i medici si sono sbagliati: da lì sono stati fatti molti passi avanti nella campo della rigenerazione cerebrale, scoprendo che le cellule staminali esistono anche nel cervello e possono generare circa 1.400 neuroni al giorno». Così il neurologo Giuseppe Moretto: «C’è anche un’altra rigenerazione molto efficace perché ogni interazione col mondo esterno moltiplica all’infinito le connessioni tra le aree cerebrali: ecco l’importanza di stimoli arrivati a Xenia come l’appoggio dei genitori». Spiega la professoressa Bice Trombetti, Coordinatore logopedisti dell’Aoui: «La riabilitazione è come una clessidra, una perdita va girata in una conquista».