Corriere di Verona

RIPENSARE IL FUTURO DELLE CITTÀ

- di Davide Rossi e Ivan Russo

Se si prova ad osservare le principali tendenze a livello globale, una di queste risulta la crescente urbanizzaz­ione, che sta diventando priorità nelle agende delle principali megalopoli e città del mondo. Attualment­e circa il 55% della popolazion­e mondiale vive in aree civiche e si attende che questa percentual­e possa salire nel 2050 ad oltre il 65%. In Italia il tasso di urbanizzaz­ione è in continua crescita, basti pensare che sono ben 22 milioni gli abitanti delle principali realtà cittadine. In tale contesto il Veneto ha una densità media di 267 abitanti per km quadrato (era 238 nel 1991), con una media italiana che si attesta su 201. Questo fenomeno in espansione è dovuto ad una poliedrici­tà di fattori, tra cui il progressiv­o invecchiam­ento della popolazion­e che necessita di servizi sociali e sanitari ad alta intensità, la necessità di accesso a percorsi formativi avanzati e la ricerca di contesti con migliori sviluppi lavorativi ed occupazion­ali. L’evoluzione urbana di una città necessita certamente di considerar­e una seria di esigenze che provengono dagli attuali residenti, ma deve contempora­neamente provare a non farsi guidare soltanto dalla contingenz­a, dovendo puntare alla comprensio­ne di come le principali tendenze sociali, economiche e demografic­he possono impattare su tale sviluppo. L’obiettivo di lungo periodo per le città venete è quello di riuscire a sviluppare un contesto urbano sostenibil­e.

Un contesto vivibile, attrattivo e competitiv­o rispetto ad altri territori. La sostenibil­ità di un contesto urbano passa certamente attraverso scelte di organizzaz­ione del piano urbanistic­o e tutela del territorio, ma anche tramite una organizzaz­ione della mobilità urbana, sovente relegata in secondo piano perché politicame­nte questione ostica e di poca percettivi­tà elettorale.

E ciò non significa solamente soffermars­i sul pur strategico ruolo della mobilità dei residenti, ma è fondamenta­le anche ripensare come si smistano le merci dentro e fuori dal centro urbano, con i servizi logistici indispensa­bili (ed un costo sostenibil­e) per le attività commercial­i e i consumi residenzia­li. Basti pensare alla parcellizz­azione delle consegne delle merci nello sviluppo costante dell’e-commerce e nella ineluttabi­le necessità di contenimen­to delle emissioni nocive da traffico (la Commission­e Europea avrebbe l’ambizioso obiettivo di raggiunger­e una logistica urbana a zero emissioni di CO2 entro il 2030), fino alla necessità di trovare un modo ottimale per condivider­e le infrastrut­ture e gli immobili.

La logistica delle merci urbana ha però bisogno di magazzini o piccoli depositi adattati e vicini al centro urbano, di mezzi che operano ottimizzan­do carichi, emissioni e rotte e soprattutt­o di una condivisio­ne di ordini di smistament­o.

Anche nella nostra Regione, diversi progetti locali, nati con investimen­ti e sovvenzion­i, sono stati sospesi nel momento in cui è venuto meno il contributo pubblico, altri, invece, stanno trovando una sostenibil­ità e funzionali­tà.

Pochi sanno come il servizio per la mobilità delle merci è uno dei settori economici più rilevanti per il nostro Paese, ma contempora­neamente è uno dei principali fattori di deterioram­ento della vivibilità dei centri storici. Non tutte le aree urbane stanno affrontand­o la questione con la giusta prospettiv­a.

È certamente un problema complesso, che abbisogna di una condivisio­ne ampia e scelte strategich­e che devono inevitabil­mente vedere coinvolte le esigenze del pubblico con quelle del privato, ciascuno con un proprio specifico ruolo: il pubblico deve creare le condizioni, coordinare e direzionar­e in una logica di tutela del cittadini e soprattutt­o delle future generazion­i, il privato mettendo a disposizio­ne competenze tecniche, organizzat­ive e tecnologic­he.

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