RIPENSARE IL FUTURO DELLE CITTÀ
Se si prova ad osservare le principali tendenze a livello globale, una di queste risulta la crescente urbanizzazione, che sta diventando priorità nelle agende delle principali megalopoli e città del mondo. Attualmente circa il 55% della popolazione mondiale vive in aree civiche e si attende che questa percentuale possa salire nel 2050 ad oltre il 65%. In Italia il tasso di urbanizzazione è in continua crescita, basti pensare che sono ben 22 milioni gli abitanti delle principali realtà cittadine. In tale contesto il Veneto ha una densità media di 267 abitanti per km quadrato (era 238 nel 1991), con una media italiana che si attesta su 201. Questo fenomeno in espansione è dovuto ad una poliedricità di fattori, tra cui il progressivo invecchiamento della popolazione che necessita di servizi sociali e sanitari ad alta intensità, la necessità di accesso a percorsi formativi avanzati e la ricerca di contesti con migliori sviluppi lavorativi ed occupazionali. L’evoluzione urbana di una città necessita certamente di considerare una seria di esigenze che provengono dagli attuali residenti, ma deve contemporaneamente provare a non farsi guidare soltanto dalla contingenza, dovendo puntare alla comprensione di come le principali tendenze sociali, economiche e demografiche possono impattare su tale sviluppo. L’obiettivo di lungo periodo per le città venete è quello di riuscire a sviluppare un contesto urbano sostenibile.
Un contesto vivibile, attrattivo e competitivo rispetto ad altri territori. La sostenibilità di un contesto urbano passa certamente attraverso scelte di organizzazione del piano urbanistico e tutela del territorio, ma anche tramite una organizzazione della mobilità urbana, sovente relegata in secondo piano perché politicamente questione ostica e di poca percettività elettorale.
E ciò non significa solamente soffermarsi sul pur strategico ruolo della mobilità dei residenti, ma è fondamentale anche ripensare come si smistano le merci dentro e fuori dal centro urbano, con i servizi logistici indispensabili (ed un costo sostenibile) per le attività commerciali e i consumi residenziali. Basti pensare alla parcellizzazione delle consegne delle merci nello sviluppo costante dell’e-commerce e nella ineluttabile necessità di contenimento delle emissioni nocive da traffico (la Commissione Europea avrebbe l’ambizioso obiettivo di raggiungere una logistica urbana a zero emissioni di CO2 entro il 2030), fino alla necessità di trovare un modo ottimale per condividere le infrastrutture e gli immobili.
La logistica delle merci urbana ha però bisogno di magazzini o piccoli depositi adattati e vicini al centro urbano, di mezzi che operano ottimizzando carichi, emissioni e rotte e soprattutto di una condivisione di ordini di smistamento.
Anche nella nostra Regione, diversi progetti locali, nati con investimenti e sovvenzioni, sono stati sospesi nel momento in cui è venuto meno il contributo pubblico, altri, invece, stanno trovando una sostenibilità e funzionalità.
Pochi sanno come il servizio per la mobilità delle merci è uno dei settori economici più rilevanti per il nostro Paese, ma contemporaneamente è uno dei principali fattori di deterioramento della vivibilità dei centri storici. Non tutte le aree urbane stanno affrontando la questione con la giusta prospettiva.
È certamente un problema complesso, che abbisogna di una condivisione ampia e scelte strategiche che devono inevitabilmente vedere coinvolte le esigenze del pubblico con quelle del privato, ciascuno con un proprio specifico ruolo: il pubblico deve creare le condizioni, coordinare e direzionare in una logica di tutela del cittadini e soprattutto delle future generazioni, il privato mettendo a disposizione competenze tecniche, organizzative e tecnologiche.