Nuove accuse contro Giacino e Lodi «Chiesero soldi per l’ex Tiberghien»
Era una giovane promessa del calcio, lo avevano persino chiamato a Bergamo per sostenere un provino ed entrare nella rosa dei giovani dell’Atalanta.
Invece si è rovinato con la droga sintetica, una trappola che lo ha condotto in un tunnel di violenza, illegalità e ricatti.
Tanto che ieri mattina, a soli 19 anni d’età, ai danni di Youness Ghazala, origini magrebine ma da tempo residente a San Bonifacio, il Tribunale collegiale presieduto dal giudice Sandro Sperandio (a affiancato a latere dai colleghi Maria Elena Teatini e Filippo Castronuovo) ha scandito una sentenza di condanna alla pena di cinque anni e nove mesi a fronte di cinque episodi di estorsione di cui sarebbero stati vittime alcuni compagni di scuola minorenni dell’imputato. Quest’ultimo, che risulta adesso difeso dall’avvocato Alberto Bardini, ieri ha fatto rientro in carcere a Montorio (dove si trova rinchiuso dal 28 giugno 2017) prima ancora che i magistrati sancissero il loro verdetto: nel corso dell’udienza, infatti, il marocchino ha pesantemente minacciato i giudici del Tribunale urlando insulti affinché lo facessero «uscire subito dalla galera».Intemperanze che hanno indotto gli agenti della polizia penitenziaria a intervenire immediatamente e riportarlo subito in carcere.
Caos in aula Ieri l’imputato è stato riportato in cella dalla polizia dopo aver minacciato i giudici
Quando alla vicenda che risultava in discussione in aula, al magrebino erano contestate tre estorsioni, un furto e una rapina perpetrate ai danni di compagni di scuola minorenni: a lui servivano i soldi per la droga, e quindi li avrebbe minacciati per farsi consegnare da loro il telefonino, i risparmi o, a seconda dei casi, gli ori della madre. «Guarda che se non me li porti - si sarebbe rivolto il giovane imputato alle parti offese (nessuno di loro, ieri, risultava costituito parte civile) - ti aspetto fuori e ti taglio la gola». I fatti che sono sfociati ieri nella condanna da parte del Tribunale collegiale si sono svolti, secondo la ricostruzione dell’accusa, nei comuni di Tregnago, Roncà e San Bonifacio.
Tutti gli episodi di cui si è discusso in aula sono avvenuti nell’arco di tempo racchiuso tra il 2015 e il 2016. Adesso per il giovane la sfida principale sarà quella di uscire dal tunnel della droga e affrontare un percorso di recupero e riabilitazione. L’idea è quindi di trovare per cui una sistemazione alternativa rispetto al carcere.