Nuove accuse contro Giacino e Lodi «Chiesero soldi per l’ex Tiberghien»
Vittima un imprenditore. La coppia rischia il processo insieme al presidente degli architetti Franchini
«Pretendevano soldi per l’ex Tiberghien». Accuse nuove di zecca contro l’ex vicesindaco Vito Giacino e la moglie avvocato Alessandra Lodi. E, ancora una volta, il sospetto che grava sulla coppia è di aver chiesto denaro a un imprenditore interessato alla riqualificazione dell’area.
«Se la vittima non avesse pagato la tangente richiesta, la necessaria variante urbanistica al Piano degli interventi non sarebbe mai stata approvata»: secondo il pm Maria Beatrice Zanotti, che ha già condotto l’inchiesta costata a ex politico e consorte l’arresto e le condanne per le mazzette denunciate dall’imprenditore Alessandro Leardini,si configura il reato di tentata concussione.
Due, entrambi risalenti al 2011 (due anni prima della carcerazione dell’ex assessore all’Urbanistica), gli episodi da cui i coniugi Giacino saranno chiamati a difendersi al banco degli imputati nel corso dell’udienza preliminare calendarizzata per la metà di aprile. Un’ipotesi di reato, quella in base a cui il pm Zanotti ha chiesto il rinvio a giudizio, che la coppia condividerà con Giancarlo Franchini, presidente in carica dell’Ordine degli architetti di Verona. Quest’ultimo, all’epoca dei fatti contestati, non rivestiva ancora l’attuale ruolo di rappresentanza della categoria e, stando alla ricostruzione delineata nel capo d’imputazione, avrebbe agito «quale architetto libero professionista addetto a richiedere la tangente al privato e a tenere i contatti con Giacino in relazione al contenuto degli atti da predisporre ai fini dell’accoglimento delle richieste del privato». Eloquente anche la descrizione delle condotte che avrebbero tenuto nella vicenda l’allora vice del sindaco Flavio Tosi e la moglie avvocato: «Giacino quale assessore all’Urbanistica e la coniuge in veste di addetta al ritiro materiale della tangente - si legge nell’imputazione - in concorso tra loro avevano compiuto atti idonei diretti in modo univoco a costringere A. A. (l’imprenditore che ha denunciato l’intera vicenda di cui sarebbe stato vittima, ndr) a corrispondere la somma non dovuta di 50mila euro con la minaccia implicita che, ove la somma non fosse stata versata, la variante al Piano degli interventi relativa all’ex Tiberghien non sarebbe stata accolta». Stando al racconto dell’imprenditore, proprietario della porzione dell’area su cui insisteva la vecchia cabina elettrica, la mazzetta gli venne chiesta in uno studio legale (estraneo ai fatti) in Corte Pancaldo, «senza riuscire nell’intento - secondo l’accusa - per il rifiuto della vittima a pagare». Tutto ciò, va precisato subito, risulta datato marzo 2011 e dunque già prescritto.
Deve invece ancora prescriversi, anche se il rischio che questo avvenga incombe, la seconda accusa di concussione contestata a Giacino, Lodi e Franchini per l’ex Tiberghien: nell’ottobre 2011 i tre avrebbero «costretto» lo stesso A. A., interessato alla realizzazione di un progetto di riqualificazione dell’area con nuovi edifici a uso residenziale e ristrutturazione della cabina elettrica esistente, a «promettere la dazione di 80 mila euro per togliere il vincolo di archeologia industriale gravante sulla cabina e per variare l’indice di edificabilità in modo da poter realizzare una palazzina di 4 piani fuori terra, e non solo 2, avente la stessa altezza della cabina». E anche in tale circostanza, sottolinea l’atto d’accusa del pm, «con minaccia consistita nel rappresentare che in ipotesi di mancata dazione le richieste varianti non sarebbero state approvate». Il resto degli avvenimenti ha date precise: la variante è stata approvata il 31 marzo 2012, per Giacino e Lodi lo scandalo Leardini che li ha fatti finire in arresto è iniziato nell’autunno 2013, la denuncia di A. A. è stata verbalizzata dal Nucleo di polizia tributaria della Finanza il 20 marzo 2017, la prescrizione si è interrotta in data 20 settembre 2017 con la notifica ad A. A. dell’invito a rendere interrogatorio davanti al pm che ha poi chiesto il rinvio a giudizio per i Giacino e Franchini l’8 novembre 2017.
Il prossimo appuntamento sarà tra 3 mesi davanti al gup Livia Magri e avverrà dopo che il 6 giugno scorso la Cassazione ha condannato in via definitiva i Giacino per le false consulenze affidate dall’imprenditore Leardini alla Lodi (3 anni e 4 mesi all’ex politico, 2 anni e 4 mesi alla moglie avvocato), rinviando invece la coppia a un nuovo giudizio d’appello per rispondere della «promessa nel 2011 di un milione e 270 mila euro e per la dazione in contanti di centomila euro». Ma quella è un’altra storia.