«No!», le scosse dell’amore narrate da Fezzi
«Èpiù facile dire di sì, perciò a volte questa risposta è sintomo di un accontentarsi, un adeguarsi al sentire comune. I no, invece, richiedono più coraggio, ma sono opportunità per riscoprirsi persone libere». Alberto Fezzi, avvocato dalle 9 alle 18, nei giorni feriali, e nel resto del tempo scrittore ormai raggiunto da una certa notorietà a Verona, la città in cui è nato e dove vive e lavora, è appena arrivato in libreria con il suo ultimo romanzo, l’ottavo, intitolato proprio così: «No!». «Non mi addentro sul significato del titolo perché lo si ritrova nelle ultime pagine premette - dirò solo che rappresenta le decisioni a cui sono chiamati i personaggi principali, protagonisti di una relazione fuori dai canoni tradizionali». Perché nel racconto l’esistenza di lei, Chiara, sfiora soltanto quella di lui, Edoardo: i due si vedono cinque volte in un arco temporale di vent’anni. Senza mai vivere l’inevitabile quotidianità di un rapporto normale, si riconoscono da lontano e questo basta.
Con l’ironia dissacrante che anche questa volta distingue la sua scrittura, Alberto Fezzi vuole che i lettori si facciano una domanda: «Per cosa vale la pena spendersi davvero? riflette - per quell’amore che percorre una lunga linea retta, senza scosse, o per quello che somma pochi ma intensi tratti incidentati, singoli momenti di puro sentimento? Io me lo sono chiesto spesso, e non solo nell’ambito delle relazioni». Se la ricerca dello scrittore parte da un’esigenza autobiografica, i suoi personaggi trovano ispirazione nella realtà che lo circonda. Come Chiara, voce femminile del romanzo. «I protagonisti dei miei libri nascono sempre così, da spunti fortuiti - rivela - la prima volta che ho visto Chiara, ad esempio, è stato molti anni fa. L’ho incontrata su Ponte della Vittoria, avrà avuto dodici anni: camminava in fianco alla madre e piangeva. Quella ragazzina malinconica mi è tornata in mente spesso, fino a che non l’ho recuperata dalla memoria una volta per tutte, dandole un nome e una storia».
Nell’ultimo libro, i personaggi si muovono in un contesto mai citato. Per la prima volta Verona non fa da teatro a un suo racconto: è il tentativo di Fezzi di sdoganarsi dall’etichetta di «scrittore veronese» guadagnata con il titolo di esordio «Sognando un Negroni», una guida satirica sulle variegate tipologie di umanità scaligera abbinate ai locali più noti della provincia. Pubblicato nel 2004, diventò il piccolo caso letterario da cui l’autore è partito per costruire un’apprezzata carriera puntellata di soddisfazioni, come la selezione al Premio Internazionale Scrivere per Amore 2015 con «Le addizioni femminili» e un posto da finalista al concorso Io Scrittore 2017 con quest’ultimo libro, «No!».