«Melegatti, siamo appesi a un filo»
Dall’assemblea dei soci silenzio sull’accordo con Abalone. L’ira del sindacato
Melegatti rimane pericolosamente in mezzo a un guado. Ieri, l’assemblea dei soci doveva decidere se sottoscrivere l’accordo quadro con il fondo Abalone e garantire così la ripartenza industriale con l’avvio della campagna di Pasqua, ma nessuna scelta è stata presa in merito. Tutto rimane bloccato, nonostante il fondo, nei giorni scorsi, sia stato piuttosto esplicito sulle decisioni da prendere per il futuro dell’azienda dolciaria: senza accordo, nessun investimento.a
Melegatti rimane pericolosamente in mezzo a un guado. Ieri, l’assemblea dei soci doveva decidere se sottoscrivere l’accordo quadro con il fondo Abalone e garantire così la ripartenza industriale con l’avvio della campagna di Pasqua, ma nessuna scelta è stata presa in merito. Tutto rimane bloccato, nonostante il fondo, nei giorni scorsi, sia stato piuttosto esplicito sulle decisioni da prendere per il futuro dell’azienda dolciaria: o i soci sottoscrivono l’accordo quadro o nessun investimento verrà fatto in vista della produzione pasquale. Quindi tutto fermo, tutto bloccato mentre i dipendenti ormai hanno poco o nulla da fare in azienda e i competitor stanno già lavorando a pieno regime nella produzione di colombe e dolci per le festività. Le poche parole del comunicato ufficiale dell’azienda non dicono di quanto siano distanti le parti e le posizioni tra i soci, non indicano le ragioni della mancata firma, né chiariscono se è lecito attendersi, a breve, una soluzione positiva della vicenda.
È noto che è stato nominato il consiglio di amministrazione (si può ipotizzare con una certa sicurezza che la presidente Emanuela Perazzoli sia rimasta al suo posto e che poco sia cambiato) e che «è stata svolta ampia discussione sulla situazione attuale». Si sa che il cda si riunirà già lunedì, non è indicato per decidere cosa. Nel frattempo rimbalza la voce che i soci, o parte di essi, siano alla ricerca di un nuovo fondo di investimento da far entrare in Melegatti. Da parte di Abalone, che è forte dell’impegno sottoscritto e depositato in tribunale lo scorso 20 novembre, nessun commento in merito. Di certo le tempistiche non sembrano sorridere a un nuovo arrivato. Entro il 7 marzo, salvo proroga di ulteriore 60 giorni, va depositato in tribunale il piano di ristrutturazione del debito di Melegatti, cui i professionisti stanno lavorando ormai da mesi. Pena il fallimento della storica azienda. Molto difficile pensare che qualcuno appena arrivato sia in grado di rispettare la scadenza, vista la complessità della situazione finanziaria e debitoria (circa 30 milioni di euro) dell’azienda dolciaria. Ma se dal fondo maltese non parlano, molto dure sono, invece, le dichiarazioni delle organizzazioni sindacali. «Siamo appesi a un filo – attacca Maurizio Tolotto di Fai Cisl – e non c’è nessuno che stia mantenendo gli impegni presi: non con i lavoratori, non con il tribunale. Non aver deciso, aggiunge difficoltà a difficoltà: tenere ferma questa azienda è un lusso che non ci possiamo permettere. Il rischio è molto serio». La data per una nuova assemblea non è stata fissata, ma martedì prossimo alle 11, è stato convocato un tavolo in prefettura, cui sono stati invitati tutti gli attori in gioco, per fare chiarezza sulla situazione. A questo punto, è un appuntamento cui si guarda con estrema attenzione. «Pretenderemo chiarezza – dice Daniele Mirandola di Uila Verona – su ogni punto di questa incredibile vicenda. I lavoratori hanno diritto di sapere che cosa sta succedendo, che cosa i soci hanno intenzione di fare per l’azienda, domani e dopo». Rimane il fatto che al tavolo in prefettura non è obbligatorio andare e, come successo anche in precedenza, l’incontro potrebbe essere disertato.
Quindi, le possibilità di avere sviluppi positivi a breve sono poche. A meno che il Cda di lunedì non porti novità sul fronte finanziario. Anche perché Tolotto ricorda: «Se il fondo non mette i soldi, chi pagherà gli stipendi di gennaio?».