UNA NUOVA CULTURA FINANZIARIA
Prima che la tragedia giuridicofinanziaria delle banche venete assumesse la latitudine che è oggi sotto gli occhi di tutti, uno dei refrain maggiormente ricorrenti tra gli addetti ai lavori – e dunque proprio all’interno degli ambienti che cominciavano ad avvertire gli scricchiolii prima del crollo – era il seguente: c’è bisogno di maggiore educazione finanziaria.
Concetto bon à tout faire, a tutto voler concedere; se non decisamente ambiguo.
Sì, perché, se si invoca la necessità di una più robusta educazione finanziaria per evidenziare le lacune formative e informative ampiamente diffuse nel tessuto sociale di questa parte del paese, si parla di una cosa seria: e allora si tratta di affrontarla con un progetto mirato, su molti livelli, dalle scuole alle Università, fino alle professioni giuridicoeconomiche.
Se invece si fa leva sull’educazione finanziaria per addossare le colpe della tragedia ai risparmiatori, magari arrivando a sostenere che in definitiva quest’ultimi sarebbero rimasti puniti per essersi cimentati in un giochino di cui non avevano il controllo, allora si finirebbe per oltraggiare gravemente la stessa verità dei fatti.
Oggi, man mano che le responsabilità dell’accaduto vanno emergendo – dalle sedi processuali fino alla Commissione parlamentare – v’è un maggior pudore nel battere ancora il tasto dell’educazione finanziaria.
Invece, proprio mentre si stanno decidendo le sorti dei primi modesti rimborsi previsti (ma ancora nulla si sa di quel che troveremo scritto nel tanto atteso decreto attuativo), pare a me che sia il momento di portare all’attenzione il problema dell’educazione finanziaria, però in termini corretti e nella sua interezza.
Mi spiego meglio: è opportuno parlare di educazione finanziaria, ma non certo perché qualcuno se ne faccia scudo, bensì come impegno per una nuova progettazione.
Ancor più chiaramente: mentre ancora per molti anni a venire saremo destinati a udire i colpi di una guerra legale che senza dubbio lascerà cicatrici profonde (i processi penali, le procedure di liquidazione delle banche, le azioni nei confronti delle società di revisione e molto altro), da qualche parte si dovrà pur tentare di mettere in opera uno sforzo di ricostruzione, dopo le macerie; e nessuna ricostruzione potrà essere tentata se non partendo da un investimento nella cultura finanziaria di questo territorio.
Una riprogettazione a tutto tondo: per un verso, occorre che l’investitore sappia bene quel che fa, non accontentandosi di fidarsi di «ciò che dice l’amico»; ma anche, per altro verso, è necessario che l’intera filiera dell’investimento sia presidiata da chi conosce le regole e le sa maneggiare con cura.
La prima azione concreta potrebbe essere allora quella di promuovere un tavolo a livello di macroregione nordestina per comprendere quali siano le linee di sviluppo che i maggiori attori territoriali intendono seguire per i prossimi anni.
Di sicuro emergeranno linee che vanno ben oltre la dimensione locale, bensì intercettano traiettorie che passano per Milano, Francoforte, Londra e molti altri luoghi. Non entro qui nel merito, ma fondamentale sarebbe almeno acquisire consapevolezza della necessità di una forte e piena interconnessione con i più significativi poli nazionali e internazionali. Proprio in questo scenario, cosa potrà dire il Nordest? Se questa è la cornice di significato, davvero assume allora un valore preciso – e diventa urgente – un nuovo discorso incentrato su una non malintesa educazione finanziaria.