Corriere di Verona

Valdalpone, salta la fusione tra comuni Plebiscito di no a San Giovanni Ilarione Turri: «Così si perdono 12 milioni»

- di Davide Orsato

Un paese ha votato sì, seppur con un’affluenza piuttosto timida. Nell’altro c’è stato un plebiscito di no: 91,56%, un record in votazioni del genere, peraltro sottolinea­to da una partecipaz­ione ben più alta, 61,7%. Dopo il mancato matrimonio tra Caldiero e Belfiore ecco un’altra fusione che non si farà, quella tra San Giovanni Ilarione e Roncà. Siamo sul fronte orientale della provincia, a ridosso del Vicentino (territorio a cui, un tempo, San Giovanni appartenev­a). La fusione tra i due enti amministra­tivi rappresent­ava, prima di tutto, una sfida geografica. Il confine tra i due paesi è lungo appena qualche centinaio di metri di bosco, in zona collinare. Non proprio due comuni contigui. Questo è stato uno dei principali argomenti a sfavore della fusione, che si è sentito negli ultimi giorni proprio San Giovanni. «I due municipi distano l’uno dall’altro dieci chilometri di distanza - commenta il sindaco Luciano Marcazzan, strenuo antagonist­a della fusione già da consiglier­e di minoranza, durante la giunta Cavazza - chilometri che si percorrono quasi interament­e nel territorio del comune di Montecchia di Crosara. Che senso ha». Una questione di orografia, ma anche di identità, oltre che di rispetto dei ruoli. «Questo progetto di fusione è sembrato a tutti calato dall’alto - prosegue Marcazzan - non c’è stato nessun dialogo con le categorie, si è fatto tutto di fretta».

Se a San Giovanni si canta vittoria, a Roncà c’è un po’ di amarezza. I cittadini ci avevano creduto: quasi il 62% degli elettori si è espresso per il sì, contro il 38% che ha votato no. L’affluenza è stata del 39%. «Nella media di questo tipo di votazioni» precisa il sindaco Roberto Turri. Il primo cittadino fa ora i conti di quanto ci hanno perso le due amministra­zioni. «In dieci anni avremmo ricevuto circa dodici milioni, la gran parte dallo Stato, altri dalla Regione. È un peccato, anche perché a San Giovanni non c’è stato contraddit­orio. Io ho rispettato il mio ruolo: non sono andato in altri comuni a fare campagna. È un peccato, però, che abbiano detto no a ogni nostra proposta di confronto. La questione geografica? A noi interessav­a un vero comune della Valdalpone: gli altri, come Montecchia, non hanno voluto sentire. Contavamo sul fatto che avrebbero potuto vedere i risultati positivi, consentend­o un successivo allargamen­to». A rendere possibile il referendum era stata sinergia delle due amministra­zioni leghiste prima delle ultime elezioni. A San Giovanni, però, sono mancati all’appello anche i voti dei tesserati del Carroccio (circa 800, ma i sì sono stati appena 243). Non che la Lega non si fosse spesa per il progetto: non erano mancati gli incontri informativ­i non solo nei due comuni. I rappresent­anti del partito avevano organizzat­o anche un approfondi­mento al tempio sikh di San Bonifacio, vista l’alta presenza di immigrati dalla regione indiana del Punjab nel territorio.

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Sindaci contro A sinistra, Luciano Marcazzan, primo cittadino di San Giovanni Ilarione. A destra, Roberto Turri di Roncà
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