Valdalpone, salta la fusione tra comuni Plebiscito di no a San Giovanni Ilarione Turri: «Così si perdono 12 milioni»
Un paese ha votato sì, seppur con un’affluenza piuttosto timida. Nell’altro c’è stato un plebiscito di no: 91,56%, un record in votazioni del genere, peraltro sottolineato da una partecipazione ben più alta, 61,7%. Dopo il mancato matrimonio tra Caldiero e Belfiore ecco un’altra fusione che non si farà, quella tra San Giovanni Ilarione e Roncà. Siamo sul fronte orientale della provincia, a ridosso del Vicentino (territorio a cui, un tempo, San Giovanni apparteneva). La fusione tra i due enti amministrativi rappresentava, prima di tutto, una sfida geografica. Il confine tra i due paesi è lungo appena qualche centinaio di metri di bosco, in zona collinare. Non proprio due comuni contigui. Questo è stato uno dei principali argomenti a sfavore della fusione, che si è sentito negli ultimi giorni proprio San Giovanni. «I due municipi distano l’uno dall’altro dieci chilometri di distanza - commenta il sindaco Luciano Marcazzan, strenuo antagonista della fusione già da consigliere di minoranza, durante la giunta Cavazza - chilometri che si percorrono quasi interamente nel territorio del comune di Montecchia di Crosara. Che senso ha». Una questione di orografia, ma anche di identità, oltre che di rispetto dei ruoli. «Questo progetto di fusione è sembrato a tutti calato dall’alto - prosegue Marcazzan - non c’è stato nessun dialogo con le categorie, si è fatto tutto di fretta».
Se a San Giovanni si canta vittoria, a Roncà c’è un po’ di amarezza. I cittadini ci avevano creduto: quasi il 62% degli elettori si è espresso per il sì, contro il 38% che ha votato no. L’affluenza è stata del 39%. «Nella media di questo tipo di votazioni» precisa il sindaco Roberto Turri. Il primo cittadino fa ora i conti di quanto ci hanno perso le due amministrazioni. «In dieci anni avremmo ricevuto circa dodici milioni, la gran parte dallo Stato, altri dalla Regione. È un peccato, anche perché a San Giovanni non c’è stato contradditorio. Io ho rispettato il mio ruolo: non sono andato in altri comuni a fare campagna. È un peccato, però, che abbiano detto no a ogni nostra proposta di confronto. La questione geografica? A noi interessava un vero comune della Valdalpone: gli altri, come Montecchia, non hanno voluto sentire. Contavamo sul fatto che avrebbero potuto vedere i risultati positivi, consentendo un successivo allargamento». A rendere possibile il referendum era stata sinergia delle due amministrazioni leghiste prima delle ultime elezioni. A San Giovanni, però, sono mancati all’appello anche i voti dei tesserati del Carroccio (circa 800, ma i sì sono stati appena 243). Non che la Lega non si fosse spesa per il progetto: non erano mancati gli incontri informativi non solo nei due comuni. I rappresentanti del partito avevano organizzato anche un approfondimento al tempio sikh di San Bonifacio, vista l’alta presenza di immigrati dalla regione indiana del Punjab nel territorio.