Melegatti, scatta lo sciopero a oltranza
E i lavoratori accusano la presidente. Lei: «Minacce? No, mi batto per l’azienda»
Sciopero a oltranza alla Melegatti. Da quest’oggi davanti ai cancelli degli stabilimenti di San Giovanni Lupatoto ritorneranno i gazebo, ritorneranno i sit in e le proteste dei lavoratori. In pratica si ritornerà indietro di mesi a prima dell’avvento del fondo d’investimento Open Capital e del «miracolo» di Natale. E intanto i lavoratori accusano la presidente Perazzoli di minacce nei loro confronti. Lei ribatte: «Falso, mi batto per l’azienda».
Sciopero a oltranza alla Melegatti. Da quest’oggi davanti ai cancelli degli stabilimenti di San Giovanni Lupatoto ritorneranno i gazebo, ritorneranno i sit in e le proteste dei lavoratori. In pratica si ritornerà indietro di mesi a prima dell’avvento del fondo d’investimento Open Capital e del «miracolo» di Natale. Perché di fatto, oggi, Melegatti si trova esattamente nelle stesse condizioni: come ad ottobre, in assenza di capitali freschi, l’azienda che inventò il pandoro è bloccata e a rischio fallimento. E l’iniezione di liquidità può venire solo dal fondo controllato dalla società maltese Abalone, ma non si concretizzerà fino a quando non sarà raggiunto con i soci proprietari un accordo complessivo anche sul controllo futuro di Melegatti. I contatti tra i legali delle parti continuano, ma per adesso le fatidiche firme sull’accordo quadro non sono state apposte e, quindi, novità non ce ne sono. A parte quella dell’esasperazione dei lavoratori di Melegatti che, ieri al termine della loro assemblea, hanno deciso di tornare a protestare a oltranza e in maniera forte per chiedere un futuro certo per loro e per la storica società. Unico motivo che li spingerà a interrompere la protesta e a ritornare all’interno degli impianti, la notizia che la situazione si è sbloccata e che l’accordo tra le parti è stato raggiunto e sottoscritto. Ma le rassicurazioni devono essere «chiare e documentate». Comunque, i sindacati hanno chiesto che ad occuparsi della vertenze sia anche la Regione Veneto e che a provare a trovare una soluzione si impegnino le istituzioni. Di fatto la scelta di riportare i gazebo in strada è frutto della riunione che si è tenuta martedì in prefettura. Le organizzazioni sindacali hanno giudicato assolutamente vaghe e poco soddisfacenti le risposte giunte dai professionisti che rappresentavano l’azienda. Una insoddisfazione sfociata in sciopero. I sindacati hanno riassunto con parole chiare le ragioni di questa protesta: «Situazione di stallo insostenibile, mancata partenza della campagna di Pasqua, nessuna garanzia del pagamento degli stipendi di gennaio».
Di fatto queste condizioni sono determinate dalla mancanza di liquidità di Melegatti che, oltre a non poter più contare su risorse proprie per l’approvvigionamento delle materie prime, è schiacciata da una mole di almeno 30 milioni di euro di debiti (è una cifra che sembra lievitare man mano che passa il tempo). Adesso tutto è fermo dentro la storica azienda, mentre in vista della Pasqua forni e macchinari dovrebbero produrre a pieno regime. E questa situazione di blocco non fa che aggravare le condizioni di Melegatti. Ma l’immobilità produttiva non è l’unica ragione che ha spinto lavoratori e organizzazioni sindacali a proclamare lo sciopero. I sindacati nella loro nota, parlano apertamente di un clima pesante che si è tornati a respirare all’interno dell’azienda a causa delle pressioni della presidente Emanuela Perazzoli. Nel comunicato sindacale scrivono: «Il personale continua a subire minacce di repressioni» e poco dopo accusano la presidente di «attività antisindacale che interviene sul diritto di sciopero dei lavoratori». La presidente Perazzoli, però, «nega recisamente» di aver tenuto simili atteggiamenti nei confronti dei dipendenti. «Sono assolutamente concentrata nelle trattative – ha spiegato – e quanto chiedono i lavoratori, cioè certezze per la Melegatti, è ciò che anche noi soci stiamo chiedendo al fondo. Da un certo punto di vista siamo di fronte a un fatto epocale: dopo anni di divisioni, tutti i soci stanno lavorando in un’unica direzione per il bene di Melegatti e siamo tutti concentrati per questo obiettivo. Io ho fatto un passo indietro nella gestione dell’azienda, di cui è responsabile il direttore generale, perciò, non che senso avrebbe mantenere un atteggiamento simile?»