IL GRANDE PASTICCIO (E LE COLPE)
La storia delle quote latte è la storia di regole mai accettate e di multe non pagate. La notte buia e tempestosa in cui tutto ebbe inizio va cercata nel calendario di trentaquattro anni fa e ancor oggi, che le quote non ci sono più da due, restano migliaia di cartelle esattoriali da riscuotere.
Resterebbero da chiarire anche le responsabilità del grande pasticcio. Parliamo di responsabilità personali, ovvero in capo ai singoli produttori di latte, ma anche politiche, ovvero di chi li ha guidati in battaglia. Senza dimenticare chi ha pianificato una Politica agricola comunitaria (Pac) discutibile.
Col senno di poi possiamo dire che i «grand commis» della nuova Europa da un lato, gli improvvisati capi popolo in trattore, i Cobas e la Lega Nord dall’altro, almeno all’inizio, hanno contribuito in grande misura a complicare il problema. Le responsabilità sono molte e difficili da distribuire com’è difficile, oggi, dividere vincitori e vinti visto che questa storia ha ancora il finale aperto.
Ma andiamo con ordine, cominciamo dalle regole mai accettate: l’agricoltura ha scoperto prima di tutti il potere di Bruxelles.
Quando ancora l’industria, la finanza e la società civile consideravano l’Europa un palazzo vuoto, nelle campagne già imponeva la sua legge. Gli stati membri avevano delegato all’Unione (anzi, Cee) quote di potere enormi per gestire il mercato agricolo. Decidendo ad esempio chi, cosa e quanto si doveva coltivare per evitare crisi di sovraproduzione e ottimizzare i prezzi.
Tra quote che limitavano un tal prodotto e incentivi che spingevano quell’altro (a un certo punto si misero tutti a coltivare barbabietola perché ti riempivano di contributi), il progetto divenne l’opposto del libero mercato. Funzionava in teoria, nella pratica molto meno. Un po’ i poteri degli stati membri, un po’ i rapporti di forza politici, un po’ gli interessi corporativi, col tempo le scelte hanno finito per snaturare le inclinazioni naturali dei territori. Verrebbe da fare paragoni in scala con le moderne utopie socialiste ma non ci azzardiamo.
C’è pure chi sostiene che la Politica Agricola Comunitaria ne ha uccisi cento per salvarne mille ma anche fosse, quei cento non potevano essere contenti del principio. E tra quei cento c’erano certamente i produttori di latte italiani costretti a rispettare quote che in realtà non soddisfacevano nemmeno la metà del fabbisogno nazionale. La tanto odiata regola invitava a buttare il latte che eccedeva la quota (splafonava) pena una multa equivalente al prezzo di mercato del latte eccedente. E qui per ovviare a un probabile errore ne sono stati commessi di certi.
La Lega di Bossi ha gridato all’ingiustizia ma ha spinto la battaglia agli estremi forse convinta che un’imposizione quando è politica non è mai un’imposizione. E che in Italia prima o poi sarebbe finita a tarallucci e vino, con un condono o con una retromarcia. Ci si sono messi i comitati di base, alcune associazioni di categoria, la vulgata che ha spinto i produttori a fregarsene delle quote o ad aggirarle, i cortei, le grida e anche le promesse fatte a sinistra come a destra da chi non aveva il potere di mantenerle. Le multe sono diventate miliardi di euro e alla fine negli anni ‘90, mentre l’Europa diventava grande, ha cominciato a serpeggiare la paura. Vuoi vedere che questi di Bruxelles ce le fanno pagare veramente? Il popolo dei produttori si è diviso e qualcuno ha cominciato a pagare.
Anche la Lega ha cominciato a capire che per quanto ingiuste le regole, poteva essere pericoloso prendersi la responsabilità di mandare al massacro i produttori. Che un giorno, qualcuno avrebbe potuto venire a chiederne conto. Il governatore del Veneto Zaia ricorda sempre che da ministro dell’Agricoltura fu il primo a rateizzare le multe e ricontrattare la quota latte nazionale. Era il 2009.
Oggi una buona parte dei produttori, spinta dalle principali associazioni di categoria, Coldiretti in testa, ha pagato. Un’altra grossa fetta deve ancora multe per qualcosa come 1,3 miliardi di euro e l’Europa (la sentenza è di ieri) vieta al governo italiano di farsene carico (aiuti che violano la concorrenza tra imprese). Ergo l’Italia dovrebbe rincorrere gli ultimi inadempienti (e sarebbe ora dice chi ha pagato e rispettato le regole) che però in gran parte sono imprenditorialmente morti o nel frattempo hanno maturato multe così alte da rendere impossibile il pagamento.
I furbi a salvarsi, felici e inadempienti, insomma dovrebbero essere pochi ma come si diceva il finale di questa storia resta aperto e in linea teorica chi ha tenuto duro e non dorme la notte da anni potrebbe un giorno cantare vittoria obbligandoci a riscrivere il capitolo de “I responsabili”.
Ps. Dimenticavamo di sottolineare che oggi, a quote abolite e in regime di libero mercato, i produttori di latte veneti stanno anche peggio di prima. Ma questa è un’altra storia e a spiegarla neanche ci proviamo.