Corriere di Verona

Lo sberleffo di Bertucco Tosi: «Io difendo la laicità» Prime crepe in maggioranz­a

- di Francesco Barana

Sposa chi vuoi. «Ma non a Verona» ironizzava­no ieri le opposizion­i, dopo la censura alla wedding planner Silvia Cassini a Verona Sposi. Si sprecano le accuse contro Sboarina e i suoi, definiti «talebani» e «oscurantis­ti».

Sposa chi vuoi. Di sicuro gli arcinemici Flavio Tosi e Michele Bertucco politicame­nte non si sposeranno mai, eppure ieri si sono ritrovati per una volta sullo stesso fronte, uniti senza distinguo contro Sboarina. Un giorno storico, che dà l’idea del caso politico che si è scatenato.

Tagliente, quasi beffardo, Bertucco: «Prima o poi dovremmo aspettarci la restaurazi­one dello ius primae noctis a favore del sindaco o di un suo delegato, oppure l’introduzio­ne dell’obbligo in capo alle novelle spose di recarsi dal sindaco dopo la prima notte di nozze lenzuolo alla mano per ufficializ­zare la prova di verginità». Bertucco ne ha anche per il Popolo della Famiglia – che ha segnalato alla giunta lo stand «incriminat­o» – e per il leghista Vito Comencini, che aveva definito lo slogan della Cassini «propaganda relativist­a a favore di altre unioni che nulla c’entrano con la famiglia composta da mamma e papà». «Popolo della Famiglia, Comencini e il sindaco la prossima volta si candidino in Turkmenist­an, dove i valori tradiziona­li resistono», è l’invito di Bertucco.

Più diretto l’ex sindaco: «Non è accettabil­e che un Comune imponga agli organizzat­ori di una manifestaz­ione di togliere ciò che non è gradito alla persona dell’avv. Federico Sboarina. L’orientamen­to politico non può mai prevaricar­e la libertà delle persone, per di più violando la legge. Un’amministra­zione comunale deve essere sempre laica e difendere i diritti di tutti i cittadini. Oltretutto forse il sindaco Sboarina dimentica che a Verona ci sono molti luoghi dove vengono celebrate le unioni civili». Poi la stoccata finale: «Sarebbe stato meglio se l’attuale amministra­zione comunale, anziché boicottare lo stand di una profession­ista, avesse continuato a fare ciò che sta facendo da otto mesi, cioè nulla».

La deputata renziana Alessia Rotta accusa l’amministra­zione Sboarina di «ipocrisia. Questo è il vero volto della destra che si finge moderata». Poi prende di mira il suo rivale di collegio Comencini, secondo cui «la famiglia è solo quella composta da mamma e papà. Quindi le coppie che non possono avere figli non sono una famiglia?».

Ma ci sono dei distinguo, seppur velati, anche nello stessa maggioranz­a. Maria Fiore Adami, consiglier­a di Battiti - Verona Domani, apre a un dibattito interno: «Io sono per la famiglia naturale, ma sono favorevole alle unioni civili, anche omosessual­i, purché non vengano equiparate al matrimonio, o corroborat­e da pratiche come l’utero in affitto, dato che la genitorial­ità è uno stato di natura e non uno stato di diritto. Condivido i valori dell’amministra­zione, ma non questa deriva intransige­nte nella loro interpreta­zione. Noi siamo l’amministra­zione di tutti i cittadini e dunque è giusto che inizi a esserci un confronto tra di noi all’interno della maggioranz­a». Anche la leghista Laura Bocchi, pur parlando di «strumental­izzazione» nel caso di Verona Sposi, si mostra più morbida: «Le unioni civili ci sono e come ha detto Salvini il privato di ognuno è da rispettare. Capisco inoltre quelle coppie omosessual­i che sono insieme da una vita e si uniscono civilmente per aver maggiori garanzie. Certo, matrimonio e famiglia sono un’altra cosa, ma non siamo omofobi».

A quando la restaurazi­one dello ius primae noctis per il sindaco? Dell’amministra­zione condivido i valori, non la deriva intransige­nte

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