«Ciccolini pianificò il delitto voleva punire l’affronto»
I giudici della Cassazione: lui egoista e narciso
Il movente dell’omicidio di Lucia Bellucci va ricondotto a «una ferita narcisistica dovuta al fatto che era stato vissuto da Ciccolini come un affronto e cioè la ferma risoluzione della vittima di mettere da parte la terminata relazione e di non farsi irretire da lusinghe persuasive». È un passaggio chiave delle motivazioni pubblicate ieri dalla Cassazione a supporto del verdetto emesso lo scorso luglio, quando all’avvocato veronese Vittorio Ciccolini venne confermata la condanna a 30 anni di reclusione.
Perché l’avvocato veronese Vittorio Ciccolini ammazzò a coltellate la sua ex Lucia Bellucci che ormai era felice accanto a un altro uomo e non voleva tornare insieme a lui? Secondo la Cassazione, il movente dell’omicidio va ricondotto a «una ferita narcisistica dovuta al fatto che era stato vissuto da Ciccolini come un affronto e cioè la ferma risoluzione della vittima di mettere da parte la terminata relazione e di non farsi irretire da lusinghe persuasive».
È un passaggio chiave nelle 20 pagine di motivazioni pubblicate ieri dalla Suprema Corte a supporto del verdetto emesso lo scorso luglio, quando a Ciccolini venne confermata in via definitiva la condanna a 30 anni di reclusione. Per competenza, gli Ermellini non entrano nel merito delle sentenze ma nella loro legittimità: decretando «inammissibile» anche l’ultimo ricorso presentato dal difensore Emanuele Fragasso, la Suprema Corte conferma in toto le conclusioni tratte dai giudici di primo e secondo grado scrivendo che «la prospettazione delle reali condizioni psicologiche esclude che l’imputato fosse persona priva della capacità di intendere e di volere o connotata da una grandemente scemata imputabilità. Ciccolini non era mai stato affetto da disturbi mentali né risultava avere sofferto da incapacità di controllare i comportamenti, per cui in lui non si riscontrava altro che una disarmonia di personalità inidonea a incidere sull’imputabilità». Sul punto, la difesa obiettava che «la sentenza impugnata non aveva offerto elementi convincenti», ma la Cassazione scrive in merito che «il perito ha esaminato approfonditamente la personalità, risultata disarmonica e caratterizzata da tratti narcisistici e borderline, rientranti nel disturbo di cluster B, altrimenti detto “gruppo drammatico-emotivo”».
Si esclude che Ciccolini fosse privo della capacità di intendere
In particolare, «l’imputato era risultato essere un soggetto di scarsa empatia nei rapporti interpersonali, egocentrico, carente nella capacità di individuare e riconoscere i sentimenti altrui divergenti dai propri: egli necessitava di gratificazione, aveva una tendenza manipolativa e mostrava iper controllo ed aggressività negata, oltre ad una instabilità dell’umore e a marcata impulsività».
Impugnando la condanna, la difesa contestava inoltre «la sussistenza della premeditazione, sostenendo che diversi elementi accertati (acquisto del coltello pagato con moneta elettronica, detenzione dell’arma nell’autovettura, lettere inviate e scritte in modo scomposto, ossessione squilibrata) denotavano una sconnessione con la realtà». Di tutt’altro avviso gli Ermellini, secondo cui «è una doglianza infondata, poiché la motivazione della sentenza impugnata è scrupolosa».
Infine, la mancata concessione delle attenuanti generiche: decisione «motivata in modo congruo - per la Cassazione -, in quanto la Corte territoriale ha sottolineato la particolare efferatezza del delitto, le ragioni della spinta a delinquere e le modalità di commissione dell’uccisione per evidenziare la successiva mancanza di resipiscenza, il tentativo di giustificare la sua azione e le espressioni infamanti con le quali (nelle sue lettere all’ex marito ed al padre della vittima) oltraggiava la memoria di Lucia Bellucci, acuendo il dolore dei destinatari (muoveva rimproveri di ordine morale al padre della vittima per il modo in cui aveva educato la figlia; tentava di far comprendere all’ex marito che aveva sposato una donna di facili costumi). Dunque, la sentenza impugnata ha motivato in modo congruo». E i 30 anni di cella a Ciccolini, ora, sono davvero definitivi.