Isolate e moltiplicate le cellule staminali del sangue: «Aggiusteranno i tessuti»
Globuli bianchi, globuli BELLUNO rossi e piastrine. È la popolazione cellulare presente in una goccia di sangue. Un team di ricercatori veneti è riuscito a dimostrare che in mezzo a quelle cellule ci sono anche quelle staminali. E si è spinto oltre, isolandole e moltiplicandole in vitro. La ricerca, pubblicata lo scorso 5 gennaio sul «Journal of cellular and molecular medicine», ha visto la collaborazione tra l’Università di Padova (dipartimento di scienze del farmaco), la fondazione padovana di Tes (tissue engineering and signaling) e il centro trasfusionale di Belluno.
L’abvs (associazione bellunese volontari del sangue) e le Avis venete hanno dato un contributo economico, donando parte dei fondi raccolti con il cinque per mille. «Per arrivare a questo risultato spiega Rosa Di Liddo, responsabile del progetto – abbiamo fissato una procedura standardizzata per ottenere cellule circolanti multipotenti da sangue umano periferico, grazie all’utilizzo di gel leucopiastrinico. Le cellule staminali, “catturate” nella preparazione del gel, sono state rilasciate dopo circa venti giorni di coltura in vitro, quindi isolate, e poi fatte moltiplicare in laboratorio».
Infine è stata eseguita una caratterizzazione delle cellule stesse, ottenendo una specie di «carta di identità». A differenza dei globuli rossi, dei globuli bianchi e delle piastrine, non si conosce la funzione delle cellule staminali.
L’unica cosa certa è la loro capacità di trasformarsi in cellule adipose, muscolari, nervose ed endoteliali. La ricerca effettuata tra Padova e Belluno ha permesso di delineare una procedura standard per moltiplicare le staminali presenti nel sangue di donatori. È quindi possibile recuperarle ricorrendo a un semplice prelievo e poi moltiplicarle. «Siamo in grado di dare una fisionomia precisa alle staminali così prodotte – continua Di Liddo – Esse esprimono la potenzialità a migrare dal sangue ai tessuti sviluppando effetti antiinfiammatori e partecipando così alla risposta rigenerativa dei tessuti».
Le cellule staminali potrebbero essere utili in molti casi clinici delicati e irreversibili: dalla rigenerazione di una piccola parte di un muscolo, all’infarto, alle malattie degenerative del sistema nervoso. «Siamo consapevoli di aver raggiunto un importante traguardo – sottolinea Pier Paolo Parnigotto, professore in pensione dell’Università di Padova e presidente della fondazione Tes – Sappiamo anche che ci attende un’ulteriore e fondamentale fase di ricerca. Il nostro nuovo obiettivo è focalizzato sul come indirizzare le nostre staminali, stimolandole ad esprimere le loro potenzialità rigenerative su organi o tessuti danneggiati. È evidente che questo aprirebbe campi infiniti di applicazione clinica che per oggi restano solo un sogno. Non più irrealizzabile ed è su questa parte applicativa che stiamo avviando la seconda parte della nostra campagna di ricerca». L’idea ora è di fissare la data per un convegno nazionale e di partire subito con la sperimentazione.