Corriere di Verona

Isolate e moltiplica­te le cellule staminali del sangue: «Aggiustera­nno i tessuti»

- Davide Piol Di Liddo Migrano dal sangue ai tessuti agendo come rigenerant­i Parnigotto Gran traguardo ma ora ci attende una fase di sviluppo

Globuli bianchi, globuli BELLUNO rossi e piastrine. È la popolazion­e cellulare presente in una goccia di sangue. Un team di ricercator­i veneti è riuscito a dimostrare che in mezzo a quelle cellule ci sono anche quelle staminali. E si è spinto oltre, isolandole e moltiplica­ndole in vitro. La ricerca, pubblicata lo scorso 5 gennaio sul «Journal of cellular and molecular medicine», ha visto la collaboraz­ione tra l’Università di Padova (dipartimen­to di scienze del farmaco), la fondazione padovana di Tes (tissue engineerin­g and signaling) e il centro trasfusion­ale di Belluno.

L’abvs (associazio­ne bellunese volontari del sangue) e le Avis venete hanno dato un contributo economico, donando parte dei fondi raccolti con il cinque per mille. «Per arrivare a questo risultato spiega Rosa Di Liddo, responsabi­le del progetto – abbiamo fissato una procedura standardiz­zata per ottenere cellule circolanti multipoten­ti da sangue umano periferico, grazie all’utilizzo di gel leucopiast­rinico. Le cellule staminali, “catturate” nella preparazio­ne del gel, sono state rilasciate dopo circa venti giorni di coltura in vitro, quindi isolate, e poi fatte moltiplica­re in laboratori­o».

Infine è stata eseguita una caratteriz­zazione delle cellule stesse, ottenendo una specie di «carta di identità». A differenza dei globuli rossi, dei globuli bianchi e delle piastrine, non si conosce la funzione delle cellule staminali.

L’unica cosa certa è la loro capacità di trasformar­si in cellule adipose, muscolari, nervose ed endotelial­i. La ricerca effettuata tra Padova e Belluno ha permesso di delineare una procedura standard per moltiplica­re le staminali presenti nel sangue di donatori. È quindi possibile recuperarl­e ricorrendo a un semplice prelievo e poi moltiplica­rle. «Siamo in grado di dare una fisionomia precisa alle staminali così prodotte – continua Di Liddo – Esse esprimono la potenziali­tà a migrare dal sangue ai tessuti sviluppand­o effetti antiinfiam­matori e partecipan­do così alla risposta rigenerati­va dei tessuti».

Le cellule staminali potrebbero essere utili in molti casi clinici delicati e irreversib­ili: dalla rigenerazi­one di una piccola parte di un muscolo, all’infarto, alle malattie degenerati­ve del sistema nervoso. «Siamo consapevol­i di aver raggiunto un importante traguardo – sottolinea Pier Paolo Parnigotto, professore in pensione dell’Università di Padova e presidente della fondazione Tes – Sappiamo anche che ci attende un’ulteriore e fondamenta­le fase di ricerca. Il nostro nuovo obiettivo è focalizzat­o sul come indirizzar­e le nostre staminali, stimolando­le ad esprimere le loro potenziali­tà rigenerati­ve su organi o tessuti danneggiat­i. È evidente che questo aprirebbe campi infiniti di applicazio­ne clinica che per oggi restano solo un sogno. Non più irrealizza­bile ed è su questa parte applicativ­a che stiamo avviando la seconda parte della nostra campagna di ricerca». L’idea ora è di fissare la data per un convegno nazionale e di partire subito con la sperimenta­zione.

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