«Vedo le banche ancora distratte sul credito alle piccole imprese»
Rana, ad dell’omonimo gruppo: «Gli istituti guardino a chi possiede idee»
«Vedo le banche ancora VERONA molto distratte». Gianluca Rana, amministratore delegato dell’omonimo gruppo alimentare , arriva subito al punto. Al Forex è tra i protagonisti della tavola rotonda che ribalta la prospettiva della finanza, guardando al credito d’impresa. Il punto d’osservazione è quello di una grande impresa internazionale: «Siamo molto contenti dei risultati 2017 e sorpresi per quest’anno: abbiamo budget molto stimolanti. Effetto di tanta innovazione che sta ritornando». Mette le mani avanti su Banco Bpm, Rana, «una grande aggregazione che vedo con favore: non credo ci potessero essere altre soluzioni». Ma sul credito alle imprese vede le banche distratte... «Sì. Hanno fatto un impegnativo
lavoro interno, negli ultimi anni. Ma vedo anche che la situazione si sta rasserenando e comportamenti più attenti al mercato». Il problema è per le Pmi.
«Se guardo a quelle che fanno il Veneto, per anni hanno avuto l’assistenza di un sistema bancario corretto, coerente e presente. Magari negli ultimi tempi la presenza è venuta un po’ a mancare per i fatti a tutti noti. Se dobbiamo lanciare uno stimolo forte alle banche direi di guardare agli imprenditori che hanno più idee che cassa».
Il successo di operazioni come i Pir potrebbe spingere finalmente le aziende più strutturate verso la Borsa.
«Non è un passo facilissimo, anche perché in questo momento ci sono molti timori:
siamo appena usciti da una situazione molto difficile». E voi?
«Me lo chiedono in tanti. Dico sempre che non lo escludo, ma per il momento non ho
ancora trovato il modo di condividere i nostri valori con un sistema borsistico che ha obiettivi di più breve termine». Che sviluppi vedete per la vostra presenza negli Usa?
«Stiamo crescendo molto bene, al quinto anno sfioriamo i 300 milioni di dollari di ricavi. Un successo previsto, certo, ma non in queste proporzioni. Stiamo costruendo il secondo stabilimento che triplicherà l’attuale». E la riforma fiscale del presidente Trump?
«Non do giudizi politici. Ma da un punto di vista operativo abbiamo avuto benefici seri. Avremmo comunque investito, il valore strategico dell’operazione non dipende da incentivi, 4-5 milioni, non decisivi su investimenti di 200. E però ci sono anche fatti interessan-
ti: alcune catene di distribuzione stanno riversando i benefici fiscali in attività promozionali per i clienti».
Con un effetto-volano sul mercato. L’Italia potrebbe in qualche modo ispirarsi?
«Non so se funzionerebbe qui: il sistema imprenditoriale è diverso per dimensioni e capacità di internazionalizzarsi, cosa negli Usa non ovvia. Da noi qualcosa s’è fatto sull’innovazione, ma resta da fare anche di più. Innovazione e aggregazione d’imprese, per creare una taglia minima e accompagnarle all’estero, sono I due fattori, dopo Industria 4.0, su cui puntare».
Rana, Veronesi, Bauli. E la domanda: perché non si mettono insieme in un campione internazionale?
«Difficile, su prodotti tanto distanti. Ma ci muoviamo già come lo fossimo nell’associazione Italia del gusto». Su cosa cooperate?
«Gestiamo insieme fiere, vendite on-line, accompagnamento di buyer esteri e le mosse sulla grande distribuzione all’estero».
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