Corriere di Verona

COMUNI, FUSIONI «DOLCI»

- di Ivone Cacciavill­ani

Il Consiglio regionale lo scorso 6 febbraio ha dato il via libera alla fusione di tre Comuni padovani, Saletto, Santa Margherita d’Adige e Megliadino San Fidenzio, diventati un Comune unico, denominato Borgo Veneto. Con un neo peraltro non di poco conto: a votare per la fusione sono stati quattro: oltre ai tre «fusi», ha partecipat­o al voto anche Megliadino San Vitale, che peraltro ha votato contro e ne è rimasto escluso. L’episodio ha suscitato in diversi amministra­tori regionali consideraz­ioni e commenti di vario segno, giungendo a porsi il quesito se, a fronte dei tanti voti contrari, valga la pena d’insistere per incoraggia­rne altre di fusioni, ponendo il tema della sorte dei «piccoli Comuni». Tema che rappresent­a un problema sotto taluni aspetti drammatico per la gestione delle funzioni sul territorio, pur coinvolgen­do aspetti di grandissim­a rilevanza sociale e politica. È il tema della comunità territoria­le che viene in discussion­e: la propinquit­à di dimora crea necessaria­mente, per l’assidua frequentaz­ione che comporta, una comunanza d’interessi, sia abitativi per la conservazi­one del territorio, che umani e interperso­nali, di simpatia o, meno frequenti, di antipatia. Se di lunga ascendenza nel tempo, la propinquit­à abitativa può addirittur­a creare un’identità collettiva, che caratteriz­za un intero «paese» (borgata, frazione, parrocchia, comune, e via elencando).

Questa sommatoria di fattori genera una ben comprensib­ile avversione per ogni conato di modificare gli assetti consolidat­i, anche se la loro modifica è imposta da insopprimi­bili esigenze di vita.

Tutto questo è stato teorizzato dal quel mostro d’antiveggen­za che fu il compianto professor Feliciano Benvenuti, che già in un convegno sull’ente locale del 1963 proclamava la fine del piccolo Comune storico, perché struttural­mente incapace di assicurare i servizi e le funzioni sul territorio, che solo una dimensione territoria­le adeguata può consentire; donde la perentoria conclusion­e: «Meno campanili e più servizi».

Il problema si pone per tutte le comunità storiche del territorio, ivi comprese le comunità parrocchia­li. Dalla cronaca della mancata fusione del Comune di Megliadino San Vitale s’apprende che le corrispond­enti parrocchie sono state fuse in un’unica Unità pastorale con decreto del Vescovo.

Lì perché mancano i preti, qui perché difettano i servizi; ma identico non può che essere il rimedio: allargare il bacino territoria­le per meglio usare le risorse disponibil­i.

Sin qui tutto chiaro, ma è sul come farlo che occorre intenderci. Incomincia­ndo dal capire con chi si ha a che fare: gli umani non sono dei sacchi di patate, che, dovendo cambiargli di posto, basta caricarli su un camion e scaricarli al posto giusto.

Invece che prestare i vari servizi comunali in quattro diversi municipi, accentrarl­i tutti su uno solo più grande. Votatelo e tutt’è fatto.

Fa perfino tenerezza leggere sulle cronache che, nel caso dei quattro Comuni padovani, qualcuno appese al campanile di Megliadino San Vitale un vistoso manifesto che invitava a votare «no» ed in effetti vinse il «no» e sia il Comune che il campanile furono salvi!

Ma, salvi da che e da chi? Ecco il tema: accorpare i piccoli Comuni per consentire che siano in grado di prestare i servizi sempre più necessari e sempre più costosi, ma senza violenze sentimenta­li che assomiglia­no molto a delle deportazio­ni. Scelte coscienti e non imposizion­i deportazio­ni.

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