Controllate 146 strutture, un milione evaso
Locazioni turistiche e B&B, cinque mesi di controlli su 146 strutture (ma sono in tutto tremila) Scoperti 86 casi di irregolarità, non pagato un milione tra tassa di soggiorno e altre imposte
Nel corso dei controlli VERONA effettuati tra settembre e gennaio scorsi sulle strutture extralberghiere da Comune e Polizia Municipale ben 86 su 146 (ma in totale in città sono circa tremila) sono risultate con qualche forma di irregolarità. In particolare, è stata accertata l’evasione della tassa di soggiorno per 500 mila euro, soldi che spesso i turisti hanno anche versato ma i gestori si sono tenuti in tasca. Scoperto anche il caso di un unico gestore che controlla trenta appartamenti.
Si chiama «albergo VERONA diffuso» ed è l’ultima tendenza portata alla luce dalle indagini della polizia municipale nel settore delle strutture extralberghiere. Un mare magnum da tremila unità censite solo in città tra bed and breakfast, locazioni turistiche e affittacamere. «Nella maggioranza dei casi, stiamo parlando di professionisti che lavorano nel pieno rispetto delle regole» premette l’assessore comunale Daniele Polato. Ma sono i numeri della «minoranza silenziosa» a dare l’idea di quel che si nasconde dietro alla prenotazione di una camera per trascorrere un fine settimana in città. Dal primo settembre 2017 al 31 gennaio, gli agenti del nucleo di polizia amministrativa hanno controllato oltre mille pagine web e 146 strutture, riscontrando 86 casi di irregolarità, con un’evasione fiscale presunta che sfiora il mezzo milione di euro e una cifra simile di mancati introiti nelle casse comunali per quel che riguarda la tassa di soggiorno. Perché, nella maggior parte dei casi, il turista la paga ma poi il gestore della struttura non la versa a Palazzo Barbieri. «E stiamo valutando di segnalare alla procura l’ipotesi di reato di appropriazione indebita nei confronti di queste persone» commenta il comandante Luigi Altamura.
Il fenomeno dell’extralberghiero, del resto, conosce una fase di massima espansione. E delle circa 3mila strutture presenti in città, ben 1980 sono le cosiddette locazioni (quelle che seguono il modello Airbnb, tanto per intenderci). Ma è altrettanto vero che dietro a chi sceglie di mettere a disposizione stanze per i turisti, si nascondono sempre più spesso vere e proprie «imprese» invece che singoli privati alla ricerca di un’entrata extra. Proprio come dimostra il caso scoperto in questi mesi di una società che gestisce almeno 30 strutture in pieno centro (da piazza Bra a Borgo Trento, passando per San Fermo). Il cosiddetto «albergo diffuso», appunto. Migliaia di turisti ospitati ogni anno, affari da capogiro, salvo poi «dimenticarsi» di pagare la Tari (la tassa sui rifiuti) o la tassa di soggiorno. E il caso, non è isolato. Difficile, però, pensare di poter continuare a farla franca. «Grazie ai controlli incrociati tra 9 piattaforme web di prenotazione, le segnalazioni dei cittadini e dei turisti scontenti, le foto online che costituiscono delle prove, i passaggi registrati in Ztl e le targhe inserite nel database della municipale - puntualizza Polato - Verona si conferma capofila in Italia per il contrasto alle situazioni di irregolarità in ambito turistico». E l’assessore ricorda che strutture regolari significano anche maggior sicurezza per quel che riguarda il censimento degli ospiti con le segnalazioni puntuali alla questura.
Un modello che riceve il plauso del presidente provinciale di Confcommercio, Paolo Arena: «Auspichiamo che l’azione di controllo possa essere estesa anche alla zona del Garda, magari con convenzioni con la municipale di Verona che ha acquisito competenze e formazione per attività investigative». È il direttore generale dell’associazione, Nicola Dal Dosso, a chiedere alla Regione di valutare l’introduzione del codice identificativo univoco per le strutture, come in Lombardia: «Potrebbe essere una prima risposta».