Tav Brescia-Verona, un altro intoppo
Gli oppositori all’opera parlano di «ritiro del progetto», il ministero smentisce: «Solo integrazioni al Cipe». Ma i tempi si dilatano ancora
Un annuncio dei No VERONA Tav che sembra una specie di bomba sull’opera, una smentita del ministero alcune ore dopo, e praticamente una certezza: c’è l’ennesimo intoppo nell’annoso iter procedurale dell’alta velocità ferroviaria Brescia-Verona. Il progetto, che era sul tavolo della Corte dei Conti per la sua approvazione definitiva, è tornato al ministero delle Infrastrutture. «Si sono rese necessarie piccole rettifiche che non ci risultano sostanziali» riferisce al Corriere un funzionario del Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica), che non entra nel dettaglio delle modifiche e di eventuali aumenti dei costi. Il Ministero delle Infrastrutture, in una nota ufficiale precisa «di non aver richiesto modifiche progettuali» ma «finalizzate a completare al meglio l’istruttoria ed a fornire tutti gli elementi che consentano, quanto prima, la regolare registrazione della stessa delibera relativa al progetto da parte della Corte dei Conti». Ora sarà il Cipe ad inviare l’istruttoria alla magistratura contabile, che già una prima volta aveva chiesto integrazioni. Tutto nasce, ieri, da una nota dei comitati degli oppositori, in cui si afferma che «il ministero delle Infrastrutture ha ritirato il progetto». Si accoda rapidamente Francesca Businarolo, deputata grillina uscente (e ricandidata): «Il ministro delle infrastrutture Graziano Delrio aveva assicurato che i lavori per la Tav Brescia–Verona sarebbero partiti entro il 2017. Oggi si apprende del nuovo passaggio, che porterà ad ulteriori ritardi. Per fortuna, perché la Tav, come abbiamo sempre denunciato, è un’opera inutile e costosa, ad altissimo rischio corruzione. Speriamo che si possa intervenire prima che sia troppo tardi». L’auspicio, ovviamente, è quello di uno stop definitivo. Una scelta che sarebbe «di buon senso» anche per l’avvocato veronese Fausto Scappini, difensore di una sessantina di comitati ambientalisti e di privati cittadini. Dopo aver perso la prima causa al Tar del Lazio, ieri ha discusso in Consiglio di Stato il ricorso contro il progetto. Scappini insiste nell’affermare che «il progetto è stato ritirato dalla Corte dei Conti e che stanno attendendo indicazioni dal ministero per le modifiche». Appare certo, comunque, che slitterà per l’ennesima volta l’avvio dei cantieri: secondo l’ultimo aggiornamento avrebbero dovuto iniziare in questo primo scorcio del 2018. La tempistica ora è nelle mani della Corte dei Conti: l’iter medio di approvazione di un progetto è di otto mesi. Vero è che il tracciato Tav, con relativi costi, è già stato vagliato e le nuove piccole modifiche potrebbero richiedere tempi relativamente stretti. Resta il fatto che le elezioni del 4 marzo, la scelta (forse) di un nuovo ministro e le indicazioni del nuovo esecutivo potrebbero essere elemento di ulteriore ritardo. Molto probabile che il primo cantiere, la galleria di Lonato nel Bresciano, non prenda inizio prima dell’estate. Il progetto rimane nella sostanza quello approvato il 10 luglio 2017 dal Cipe (2,5 miliardi di costo): primo lotto da Calcinato in provincia di Brescia fino alle porte di Verona, 43 chilometri per 1,9 miliardi di spesa.