Boccia: «Modello Verona per le imprese»
In settemila alla Fiera. Lanciato un piano da 250 miliardi. E il Veneto prepara un documento bis su opere e Industria 4.0 Il leader di Confindustria: «Ha un ruolo primario per il Paese». La città scaligera scelta per il Manifesto ai politici
«Siamo in settemila, dovranno ascoltarci». Michele Bauli, presidente di Confindustria Verona, sintetizza così il messaggio lanciato dalle Assise generali degli industriali italiani, riuniti in Fiera a poco più di 15 giorni dalle elezioni politiche.
Un «manifesto» partito da Verona, che il presidente nazionale Boccia ha riempito con i contenuti di un piano da 250 miliardi di fondi destinati al lavoro e all’impresa. Portando anche ad esempio per le imprese il «modello Verona», che ha un ruolo primario nel Paese.
«Siamo quasi in settemila. Stavolta dovranno ascoltarci». Michele Bauli, presidente di Confindustria Verona, risponde così al dubbio che serpeggia tra le migliaia di imprenditori - settemila gli accreditati e poco sotto quella soglia i presenti, comunque oltre i cinquemila secondo valutazioni più realistiche - ieri alla fiera di Verona, alle Assise generali di Confindustria. Ovvero, se dopo una prova così muscolare, con cui Confindustria ha messo con forza sul tavolo della campagna elettorale per le politiche il manifesto di Verona, che ruota intorno all’idea di recuperare 250 miliardi in 5 anni da destinare alla crescita e al lavoro, la politica tirasse diritta, rimanendo distratta sui propri temi autoreferenziali? Il tema aleggia già il mattino, nel via vai degli imprenditori impegnati nelle sale tematiche a discutere dei sei temi - semplificazione, scuola e giovani, investimenti e sostenibilità, fisco, Europa e impresa che cambia - in cui si articola il programma. Le sale fanno il pienone, come quella sull’impresa che cambia, con il tavolo guidato dal vicepresidente Giulio Pedrollo che colleziona 1.200 presenti. La richiesta di minima è che il programma venga confermato, parte delle riforme considerate come irrinunciabili, come il Jobs Act e l’iperammortamento. «Industria 4.0 è diventato patrimonio comune - sostiene Pedrollo, dopo aver chiuso l’incontro -. Un anno fa non si era così avanti, ora la conoscenza è fatto acquisito. E anzi si pensa già al dopo».
Come succede per le Confindustrie venete. Il leader regionale Matteo Zoppas riunisce il consiglio di presidenza con i leader delle territoriali alle 14. Riunione-lampo per avviare, a partire da Verona, un documento-bis regionale che gli Industriali manderanno alla politica, partendo dai parlamentari veneti eletti il 4 marzo, con le richieste irrinunciabili. Dentro ci sono ovviamente la conclusione delle grandi opere, dalla Tav alla Pedemontana. Ma anche il passo in avanti su Industria 4.0, con la proposta di legge regionale che sta prendendo forma: affida alla Regione il coordinamento degli interventi e dei finanziamenti per la consulenza e la formazione necessari a far vivere Industria 4.0, che punta a mettere insieme almeno 15 milioni di euro «grattandoli» dai fondi europei, dagli stanziamenti delle Camere di commercio e dai fondi professionali.
Ritorna la domanda: e se poi la politica tira dritto? «Mi risulta già il contrario, che il dialogo aperto dai vertici di Confindustria abbia fatto molta chiarezza, recuperando lo spazio per i nostri temi, di fronte al rischio di un pre- giudizio montante anti-impresa», sostiene proprio Zoppas. «Devono ascoltarci. Qui il rischio è che se ne vadano da questo Paese le imprese, che gli altri Stati corteggiano», sostiene Cinzia La Rosa, l’imprenditrice veronese vicepresidente della Piccola industria.
La scena si sposta al padiglione 12, al pranzo da oltre 3.300 coperti che avvicina la sessione plenaria finale. «Io vedo un lavoro dietro le quinte da fare se la politica non ci ascolta - sostiene Federico Visentin, l’industriale metalmeccanico vicentino presidente del Cuoa -. Con i due governi precedenti alla fine non siamo caduti male, sui provvedimenti. Renzi aveva promesso di cambiare il sistema; purtroppo è finita com’è finita. Positivo vedere tutti questi imprenditori. Erano una grande scommessa queste Assise, che arrivassero settemila imprenditori non era scontato». «È vero, siamo alla ricerca del nostro Macron - sostiene l’ex presidente regionale, Andrea Tomat -. Ma non credo che la politica possa ignorare un messaggio così importante che viene da una parte così rilevante della società».
Il pomeriggio dedicato all’assemblea plenaria è già iniziato, al padiglione 11 attiguo, nell’enorme sala da quattromila posti. Il dialogo tra l’ex presidente della Commissione europea, il portoghese Josè Manuel Barroso e il do-
cente francese Marc Lazard fa capire subito da che parte stia la Confindustria. «Abbiamo bisogno dell’Europa contro i protezionismi», sostiene Boccia nel suo intervento, in cui articola il progetto che punta a reperire e impiegare «250 miliardi in 5 anni». Il piano si propone gli obiettivi «di oltre 1,8 milioni di occupati in più, una riduzione di più di 20 punti del rapporto debito/Pil, una crescita cumulata per Pil reale vicino a 12 punti percentuali, una crescita dell’export consistentemente superiore alla domanda mondiale». La premessa è: «Il piano dice cosa va fatto ma anche con quali risorse e quali effetti».
Un’altra preoccupazione - forte - del leader degli industriali italiani guarda ai futuri inquilini di palazzo Chigi e dintorni. «Non smontiamo le riforme e le cose buone fatte. lo dico a tutti i partiti, senza urlare ma aprendo un dibattito nel Paese con obiettivi alti». L’Italia, per Confindustria, può crescere «al 2%, la vera mission sono il lavoro e l’occupazione: crescita e riduzione del debito sono le precondizioni». In sintesi, dice Boccia, «le tre parole in sequenza sono: più lavoro, più crescita, meno debito. E per farlo è necessario innanzitutto non smontare le buone riforme fatte, cioè jobs act, pensioni, Industria 4.0».
Lo stesso Boccia, poi, ha indicato nel «modello Verona» un’ottima strada da seguire: «Un sistema economico locale - ha detto il presidente degli industriali - che, grazie a logistica e infrastrutture, ha saputo ritagliarsi un ruolo primario nel nostro Paese. Una città forte nell’export e nella produzione industriale, con alti tassi di occupazione. Insomma, un modello di città che funziona».
I segnali positivi alla fine arrivano da vari fronti. Boccia convince innanzitutto Mario Moretti Polegato, patròn di Geox, tra i suoi grandi elettori due anni fa nella disfida per la presidenza contro Alberto Vacchi: «È positivo il messaggio di attivismo che arriva da Confindustria di fronte all’attuale situazione tutt’altro che chiara della politica, ai rischi dell’instabilità. Ed è molto positivo - sottolinea Polegato - anche il fatto che Boccia abbia saputo riunire gli imprenditori di fronte ad un distacco crescente tra la politica, i cittadini e gli imprenditori».
Siamo alla ricerca del nostro Macron. Ma non credo che la politica possa ignorare un messaggio che viene da una parte così rilevante della società Andrea Tomat Giulio Pedrollo «Industria 4.0 è diventata patrimonio comune» Con i due governi precedenti alla fine non siamo caduti male, sui provvedimenti. Poi con Renzi purtroppo è finita com’è finita Federico Visentin