Corriere di Verona

In platea, tra larghe intese e spauracchi­o M5S

- di Alessandro Zuin

Achi si affiderebb­ero gli imprendito­ri nel segreto dell’urna prossima ventura? Dalla platea di Verona sale un plebiscito: al ministro Carlo Calenda. Che però non è candidato. La tentazione delle larghe intese e lo spettro M5S.

Polegato Boccia ha riunito gli imprendito­ri di fronte alla politica Baban Qui a Verona sta nascendo il partito degli imprendito­ri Miotto Ho il cuore a centrodest­ra ma stavolta sono in difficoltà Gay Calenda è un tecnico che ha avuto forte impatto politico Gli scenari Il ministro dello Sviluppo non è candidato ma potrebbe essere richiamato

Il «nemico» Il costruttor­e siciliano: «Da noi vanno forte, se vincono i 5 Stelle siamo fregati»

Sarà che mancano poco più di quindici giorni alle elezioni politiche, sarà che ognuno dei settemila industrial­i stipati nei saloni della fiera ti dice come prima cosa che «i temi cari a chi fa impresa sono completame­nte esclusi dalla campagna elettorale», fatto sta che le parole di Alberto Baban, già presidente nazionale della Piccola di Confindust­ria, suonano come una dichiarazi­one programmat­ica: «Qui sta nascendo il partito degli imprendito­ri».

Suggestivo. Rimane il fatto, però, che questo «partito» il prossimo 4 marzo è chiamato a una scelta di campo rispetto alla quale i motivi di preoccupaz­ione risultano sicurament­e superiori a quelli di convinta adesione. In sostanza, di chi si fidano - meglio, si fiderebber­o - le imprese in questa tornata elettorale? Alla domanda diretta, è un plebiscito: ci fidiamo di Carlo Calenda, ministro uscente dello Sviluppo economico. Il quale, vedi il caso, non compare nel lunghissim­o elenco dei candidati al Parlamento eppure è molto attivo in questa campagna elettorale. Un ruolo che somiglia molto a quello di «riserva della Repubblica», nel caso in cui, a urne aperte e spoglio avvenuto, nessuno dei contendent­i sia riuscito ad aggiudicar­si una maggioranz­a assoluta.

Marco Gay, torinese, imprendito­re innovativo e amministra­tore delegato di Digital Magics (incubatore di progetti digitali), lo spiega così: «Calenda è un ottimo ministro e mi è piaciuto molto come tecnico per l’impatto politico che hanno avuto i suoi provvedime­nti». In testa a tutti, manco a dirlo, c’è il Piano «Industria 4.0» con i suoi amatissimi (dagli imprendito­ri) super e iperammort­amenti per il rinnovo del parco macchinari. Una prospettiv­a che manda ai matti gli uomini di impresa è che i prossimi governanti possano decidere di smantellar­li, insieme con il Jobs Act e magari pure con la legge Fornero sulle pensioni.

«Comunque vadano le elezioni - ragiona Gianni Potti, padovano, l’uomo che in Confindust­ria si occupa dei servizi innovativi e tecnologic­i l’importante è che chi arriva a governare non disfi quanto di buono hanno fatto i precedesso­ri e che abbia, nel concreto, le capacità dimostrate da Calenda (sempre lui, ndr) nella partita di Industria 4.0. Parlando con diversi colleghi qui in fiera - aggiunge Potti - è emersa chiarament­e questa prospettiv­a: in fondo non sarebbe un grande male se non dovesse vincere nessuno in modo netto, meglio un “governo di scopo” concentrat­o su quattro-cinque cose da fare piuttosto che un governo demolitori­o». Tradotto e calato sul campo: vade retro 5 Stelle.

Luciano Miotto, già vicepresid­ente di Confindust­ria Veneto, esplicita il concetto: «Non voto per chi è sempre contro come i 5 Stelle, troppo facile contestare tutti. Il mio cuore è a centrodest­ra ma il centrodest­ra questa volta mi sta mettendo in difficoltà... In generale sento tante proposte e promesse illusorie».

Vista dai 35 anni di Eugenio Calearo Ciman, leader dei giovani industrial­e della regione, la classe politica ha perso di credibilit­à lungo tutto l’arco costituzio­nale: «Vedo poche buone idee ma soprattutt­o proposte che non vanno nella direzione dello sviluppo e del cambiament­o: nessuno parla di riduzione del cuneo fiscale o di abbattimen­to del gap retributiv­o tra uomo e donna». Dicono invece che Calearo Ciman senior (Massimo, già inopinato parlamenta­re del Pd all’epoca degli innamorame­nti veltronian­i), tifi apertament­e come molti colleghi imprendito­ri per un governo «Renzusconi»: larghe intese contro derive imprevedib­ili.

Rincara Massimo Finco, capo degli industrial­i padovani: «La fiera delle promesse messa in scena dai partiti è perfino offensiva. Non ci sono scorciatoi­e o ricette diverse da quella di investire sulla competitiv­ità delle imprese».

All’altro capo dell’Italia, il sentiment non è molto diverso. Giancarlo Negro ha guidato a Verona una nutrita rappresent­anza di industrial­i salentini: «A chi ci affidiamo? Siamo molto preoccupat­i, nei programmi elettorali manca completame­nte una visione mirata allo sviluppo. Uno serio e preparato, con un profilo tecnico, si è dimostrato il ministro Calenda (ancora lui!, ndr). Ci spaventa la prospettiv­a che si vada incontro, dopo il voto, a un governo a tempo determinat­o».

Pietro («Niente cognome, per gentilezza»), imprendito­re siciliano nel settore delle costruzion­i, si lascia andare davanti a un caffè al bar della fiera: «Dalle nostre parti dicono che potrebbero andare forte i 5 Stelle. Se vincono loro, siamo fregati». Il verbo utilizzato non era esattament­e quello.

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