Bersani, Rotta e gli altri Verona, tutti alla rincorsa dell’identitario Comencini
Verona, il leghista favorito alla Camera. L’insegnante del M5S Tra gli outsider l’imprenditore Dusi e Grigolini del PdF
I «big» in corsa, Alessia Rotta del Pd, oltre a Pierluigi Bersani, a meno di sorprese clamorose, non vinceranno. Parte dietro il M5s, così come gli outsider Dusi e Grigolini. A Verona tutti rincorrono il leghista identitario Vito Comencini.
I «big» in corsa sono quelli che, a meno di sorprese clamorose, non vinceranno. A Verona, nel collegio uninominale 09 per la Camera che corrisponde al territorio del Comune capoluogo, va così. Il Partito democratico schiera il suo esponente scaligero più in vista, la giornalista Alessia Rotta, già responsabile nazionale della comunicazione del partito, più volte sguinzagliata nei talkshow a rivendicare risultati e conquiste dei governi a guida Pd, il che spesso coincide con il fare da parafulmini a Matteo Renzi. Quanto a Liberi e Uguali, c’è niente meno che Pierluigi Bersani, l’ex segretario dei Dem tra i leader della scissione dal «Pdr» («Partito di Renzi», come da quelle parti è stato ribattezzato il Pd). Certo, una sfida intrigante tra ex compagni, ma chance di farcela per uno dei due? Pressoché nessuna, stando ai sondaggi.
Per entrambi, la strada del ritorno in Parlamento passa altrove, da blindatissimi collegi proporzionali (nel caso della Rotta, quello toscano di Siena-Grosseto-Arezzo). Ma la corsa dei due nel collegio veronese non è priva di ragioni. Se Bersani punta sull’effetto del suo nome sulla scheda per dare qualche consenso in più a una sinistra che, a queste latitudini, è residuale, l’intento della Rotta è di contenere, il più possibile, le dimensioni della prevedibile vittoria del centrodestra. «Bersani è parte della nostra storia, ma a Verona ci viene solo passando con il treno. La vera sfida è tra me, deputata del territorio che non ha paura di metterci la faccia, e il consigliere comunale Vito Comencini, che nemmeno piace a tutto il centrodestra», dice lei.
Chi è quindi Comencini, lo stragrande favorito della sfida a Verona? «Sono Veronese e Veneto. Sono per il mio Popolo e per la mia Terra. In una parola: Identitario»: si è descritto così il capogruppo in consiglio comunale della Lega Nord, eletto alle ultime elezioni dopo cinque anni da consigliere nella terza circoscrizione. La stessa dove si è fatto le ossa il suo mentore, ovvero il vicesindaco Lorenzo Fontana, che ha optato per un meno esposto ruolo di capolista della Lega al proporzionale. Comencini rappresenta appieno il nuovo corso del Carroccio impresso da Matteo Salvini (di cui Fontana è il vice): è giovane (è il coordinatore veneto dei Giovani Padani), ammiratore di Putin (si è recato in Donbass, la regione ucraina occupata dalle milizie filo-russe), strenuo difensore della famiglia «tradizionale», anti-Islam, duro contro immigrati, profughi, «business dell’accoglienza» e la sinistra «radical chic» che li difenderebbe. In curriculum pure qualche intemperanza verbale su Radio Padania e una professata nostalgia per i tempi pre-rivoluzione francese.
Non potrebbe essere più distante l’identikit della candidata del Movimento Cinque Stelle, Marcella Biserni. Di origine toscana ma da tempo residente a Verona, insegnante di spagnolo al liceo Fracastoro, esperta di surrealismo (ha scritto pure un libro su Magritte e il cinema), è attivista pentastellata da sei anni, occupandosi principalmente di scuola e istruzione, come ha spiegato domenica nella presentazione pubblica dei candidati M5S, dove ha attaccato la riforma della «Buona scuola» di Renzi.
La sfida dell’uninominale è raccolta anche da altri candidati che, proprio qui, cercano di ottenere la massima ribalta. Ce ne sono due in particolare da menzionare. Da una parte, Filippo Grigolini, leader veronese di quel Popolo della Famiglia che si è ritagliato il ruolo di «sentinella» contro qualsiasi concessione a tematiche «gender», siano esse un’iniziativa al Tocatì o lo slogan di un espositore alla fiera degli sposi. Già candidato sindaco alle scorse amministrative, Grigolini aveva conquistato un 3,4 per cento dei voti che, se replicato, farebbe particolarmente male al centrodestra. Dall’altra, c’è Andrea Dusi, che è passato da startupper a imprenditore di successo con la vendita della sua azienda a una multinazionale e, adesso, si butta nell’agone politico con la sua nuova creatura, «Dieci Volte Meglio» (per cui ha raccolto firme sufficienti per presentarsi in metà dei collegi italiani, solo alla Camera). Veronese, punta a fare un grande risultato nel suo collegio e nel resto del Paese, anche se recentemente se l’è presa niente meno che con Mark Zuckerberg perché Facebook manipolerebbe il consenso in vista del voto del 4 marzo, «impedendo a un nuovo gruppo politico di concorrere alla pari con gli altri e far conoscere agli elettori il proprio programma».