Corriere di Verona

Tosi: «Chiudo al circo la campagna elettorale»

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Dopo la querelle con il direttore del Teatro Nuovo, Paolo Valerio, per il divieto alla sua partecipaz­ione allo spettacolo del comico Enrico Bertolino, Flavio Tosi (foto) se ne esce con un altro annuncio che, tra il serio e il faceto, attacca a 360° gradi la classe politica: «Chiuderò la mia campagna elettorale al circo, che è arte più seria e nobile di certa politica». L’ex sindaco ne ha per tutti: «Ormai manca solo che qualcuno prometta agli imprendito­ri la restituzio­ne delle tasse pagate negli ultimi vent’anni, agli universita­ri il 30 politico a ogni esame, alle giovani coppie un mutuo interament­e a carico dello Stato, e agli anziani non solo una pensione minima di tremila euro al mese, ma anche la macchina del tempo per riassapora­re il brivido dei primi amori. Quindi ho deciso che il primo marzo, nel Veronese, chiuderò la mia campagna elettorale al circo». Tosi poi spiega cosa accadrà. «Sarà una serata divertente, perché il circo è intratteni­mento, passione e grande dedizione al lavoro da parte degli artisti e delle maestranze, ma allo stesso tempo di sberleffo nei confronti di chi negli ultimi mesi ha fatto a gara a spararla più grossa, di chi ha usato la television­e, i giornali, la radio e i social network come fabbriche di “bufale”. L’Osservator­io sui conti statali della Cattolica ha certificat­o che le promesse elettorali fatte dai partiti più in vista costerebbe­ro allo Stato, e dunque agli italiani, circa mille miliardi di euro, una cifra folle che farebbe saltare per aria i conti di qualsiasi nazione. Ma non era indispensa­bile questa analisi, comunque utile, per capire che troppi politici - sia di centrodest­ra che di centrosini­stra - stanno promettend­o l’impossibil­e alla gente. Io, da amministra­tore locale - da assessore alla Sanità in Regione e poi per dieci anni da sindaco di Verona - ho sempre preferito impegnarmi, e mi impegno tuttora con le persone solo su cose realizzabi­li: il resto l’ho sempre lasciato e lo lascio a chi, alla concretezz­a e al bene delle famiglie, delle imprese e dei lavoratori preferisce una comicità che ormai non fa più ridere nessuno».

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