Basmati a dazio zero produttori in rivolta «Qui si chiude»
L’importazione a dazio zero delle varietà di riso Basmati proveniente dall’India, dal Pakistan o dalla Cambogia metteranno in ginocchio le nostre aziende risicole. A lanciare l’allarme è Romualdo Caifa, presidente dei produttori di riso che fanno capo a Confagricoltura Verona, proprio nei giorni della consultazione pubblica lanciata dalla Commissione europea. In pratica, i vertici dell’Unione starebbero vagliando la possibilità o meno di aumentare l’importazione a dazio zero delle varietà di riso provenienti dall’area asiatica, come appunto il rinomato Basmati.
Assolutamente contrario è Caifa, che parla apertamente di concorrenza sleale nei confronti delle produzioni venete e lombarde di qualità. «La nostra attenzione è rivolta ai consumatori – chiarisce – per questo utilizziamo solo determinati tipi di fitofarmaci e ci sottoponiamo a severi controlli. I nostri macchinari per il diserbo, ad esempio, vengono certificati da un ente terzo. Ora dubito che lo stesso avvenga in India. Noi usiamo prodotti più ecologici e loro usano quelli che da noi sarebbero proibiti. Quindi, non solo possono contare su manodopera che costa molto meno rispetto alla nostra, ma non hanno assolutamente la stessa attenzione verso i consumatori. I nostri costi di produzione sono maggiori di quelli indiani e, ovviamente, insostenibili per la nostra cultura della produzione. A parità di regole ben venga la concorrenza, ma in queste condizioni equivale a un suicidio collettivo».
Come ci si può opporre? Esprimendo innanzitutto contrarietà alla proposta avanzata dalla Commissione europea che è «frutto dell’ignoranza alimentare del nord Europa» e sfruttando l’obbligo di indicazione di origine sulle etichette di riso, già introdotto in Italia, in modo da distinguere tra un prodotto coltivato qui e uno coltivato all’estero. A spaventare i produttori è l’immissione di grandi quantità di riso a basso prezzo nel mercato che, impossibilitato ad assorbire la sovrapproduzione, farebbe crollare i prezzi, ovviamente anche quelli del riso italiano.
A quel punto, a soffrire sarebbe proprio Verona che, con quasi 2.500 ettari destinati alla coltivazione del prodotto, è la prima provincia del Veneto del settore e una delle più importanti d’Italia. «Il valore del Carnaroli – sottolinea Caifa – è crollato in tre anni del 50% e perciò non lo produrremo più. Il Vialone Nano, prodotto finora a Verona, Mantova e Pavia, ora verrà coltivato anche nelle zone che soffrono con il Carnaroli e quindi il prezzo sarà destinato fatalmente a scendere. Siamo prigionieri di una politica cieca che ci porterà, di questo passo, a chiudere l’attività. Le nostre aziende non potranno continuare a lungo a mettere in vendita prodotti sottocosto rispetto alle spese di produzione e, quindi, ben presto non potranno far altro che abbandonare la produzione di riso».