Corriere di Verona

Il piano dei jihadisti: «Maschere e coltello al Carnevale di Venezia»

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Un atto terroristi­co nel cuore di Venezia proprio nei giorni del Carnevale, quando la città si trasforma in una bolgia di baute e un gran numero di turisti e bambini travestiti affolla le calli. Il piano di azione era agghiaccia­nte: gli attentator­i con indosso delle maschere per mimetizzar­si tra la folla, e armati di coltello, pronti a spargere il sangue degli infedeli sui masegni di piazza San Marco.

C’era anche questo, nei progetti dei quattro kosovari arrestati la scorsa primavera con un blitz della Digos coordinato dalla procura antiterror­ismo di Venezia. Ora, le carte dell’inchiesta rivelano nuovi retroscena. A cominciare proprio dalle intercetta­zioni, dalle quali emerge come, tra le ipotesi prese in consideraz­ione dalla cellula jhadista, ci fosse anche quella di compiere un atto terroristi­co a Carnevale. Già il 13 marzo - annotano gli investigat­ori - «Arjan Babaj dice a Bekaj Fisnik (due degli arrestati,

ndr) di aver comprato un coltello a 15 euro». Sei giorni dopo la polizia capta un’altra conversazi­one. Il solito Babaj fa riferiment­o al «periodo di Carnevale». Poi spiega: «Carnevale, sì… paf, paf! (intende qualcosa di veloce, annotano gli inquirenti, ndr)». E Mergim Gecaj (pure lui finito nell’inchiesta): «…con una maschera». A quel punto è Babaj a spiegare: «Puoi prendere un coltello... ». Mergim si esalta: «Il sangue caldo!». E il leader del gruppo: «Il loro sangue è la loro ricchezza. Il loro sangue per noi è halal (lecito, ndr)». Sono sempre gli investigat­ori a chiarire che il gruppo di kosovari discuteva della «possibilit­à di poter utilizzare il coltello per uccidere gli infedeli».

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Con il mitra Arjan Babaj, il capo della cellula

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