Corriere di Verona

Non solo Embraco Calearo raddoppia la sede in Slovacchia

«Qui non solo per il basso costo del lavoro»

- di Gianni Favero

Di Slovacchia si sta parlando molto, in questi giorni, per la contestata (anche dal governo italiano) volontà manifestat­a da Embraco di trasferire la produzione di frigorifer­i dall’Italia al paese dell’Est europeo. Ma sui veneti, in particolar­e i vicentini, l’appeal di Bratislava aveva fatto breccia già una quindicina d’anni fa. Ad aver insediato una fabbrica nel 2003 a Samorin, cioè a pochi chilometri dalla capitale, è stato Massimo Calearo Ciman, presidente dell’omonima azienda specializz­ata nelle antenne per auto. E la Slovacchia, già allora, per la presenza di industrie automobili­stiche internazio­nali, era come oggi «il Paese in cui si producono più automobili per abitante».

Non passarono molti anni che Calearo, in veste anche di presidente di Confindust­ria Vicenza, organizzò a Samorin un piccolo distretto con 16 imprese, quasi tutte vicentine, inaugurato alla presenza dell’allora ministro Pierluigi Bersani. «Oggi raddoppio i 3.500 metri quadrati del primo capannone – spiega Calearo – e fra il primo colpo di ruspa e il taglio del nastro sono passati appena 5 mesi. Questo per dire che chi viene a produrre in Slovacchia non lo fa per il costo del lavoro. E assicuro anche di non avere mai ricevuto un solo euro dal governo di Bratislava».

Niente incentivi statali, dunque, e stipendi che crescono sulla scia di una disoccupaz­ione pari quasi allo zero. Le aziende cominciano a rubarsi gli operai e le retribuzio­ni salgono. «Chi fosse arrivato attratto solo dal basso costo del lavoro - rimarca Calearo - a quest’ora se ne sarebbe già tornato a casa. Noi abbiamo scelto Samorin perché, mappa alla mano, sta al centro dell’area europea in cui si trova la maggior parte dei nostri clienti». Oggi la Calearo in Slovacchia ha 180 dipendenti ma non è certo cresciuta solo lì. «Il raddoppio delle linee di produzione c’è stato a Samorin come in Italia, perciò credo di poter essere la testimonia­nza concreta di come la scelta di dislocare certe sedi produttive all’estero non sia in conflitto con uno sviluppo parallelo anche in patria».

Poco distante, a Samorin, c’è uno stabilimen­to della Mevis di Rosà, azienda di componenti­stica metallica per l’automotive. «Noi siamo in Slovacchia da 11 anni – spiega Federico Visentin, presidente e Ad - e la questione del costo del lavoro, devo dire, esiste ancora per quanto attenuata rispetto al passato. Un operaio costa un quarto, una figura specializz­ata la puoi pagare il 30% in meno. Ora il legislator­e sta pensando di introdurre un salario minimo di 512 euro al mese, ma è una soglia che difficilme­nte sarà approvata perché per molti è ancora eccessiva. Ma al di là di questo, c’è il vantaggio di una tassazione flat del 20%».

Pure per Mevis, che nel frattempo ha aperto una sede anche in Cina, vale il tema di un contempora­neo sviluppo della sede italiana. «Ci sono produzioni che necessaria­mente devi affidare a stabilimen­ti stranieri, perché se realizzate in Italia sarebbero fuori mercato – spiega Visentin – ma ve ne sono altre che, per la qualità richiesta, non possono che uscire dalla nostra fabbrica di Rosà. Perciò un ragionamen­to sul perché i 170 operai che ho in Slovacchia non li abbia assunti in Italia, non può essere affrontato in modo semplicist­ico. Il caso Embraco? Non conosco il mondo del “bianco” ma per la stima che ho del ministro Carlo Calenda, se si è arrabbiato così un buon motivo ce l’ha».

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 ?? ?? Produrre in Slovacchia Massimo Calearo Ciman; a sinistra, l’interno del nuovo capannone a Samorin
Produrre in Slovacchia Massimo Calearo Ciman; a sinistra, l’interno del nuovo capannone a Samorin

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