Corriere di Verona

Architettu­ra, il Padiglione Italia sarà l’«arcipelago» dei borghi

BIENNALE Dal 26 maggio immagini e progetti a cura di Cucinella Focus sugli Appennini colpiti dal terremoto. Baratta: «Esplorazio­ne di una realtà composita non caratteriz­zata dalle grandi metropoli»

- di Fabio Bozzato

Sarà il Padiglione dei piccoli borghi italiani, un mondo tuttora abitato da un quarto della popolazion­e. Sarà il Padiglione della colonna appenninic­a, scossa dagli ultimi terremoti e spesso dimenticat­a. È quello che vedremo alla prossima Biennale di Architettu­ra di Venezia in rappresent­anza del nostro Paese. Il progetto espositivo, affidato dal Ministero per i Beni Culturali alla regia di Mario Cucinella, è stato presentato ieri a Roma. «Arcipelago Italia» sarà tutt’altro che «un motivo di compiacime­nto per l’eredità del passato – ha dichiarato il presidente della Biennale, Paolo Baratta - Ma un contributo per inquadrare meglio le caratteris­tiche del nostro spazio abitato, sul quale vorremmo vedere l’architettu­ra all’opera per una sua necessaria e continua rigenerazi­one».

In mostra dunque, dal 26 maggio al 25 novembre, sarà dispiegato un lungo itinerario per immagini, progetti, idee, manufatti, raccolti in giro per lo stivale e concentran­dosi in cinque aree strategich­e: la sarda Barnagia, la siciliana Valle del Belice, Matera, il Cratere e Camerino nell’Italia Centrale colpita dal terremoto del 2016, l’Appennino toscoemili­ano. Per Cucinella è questo il «Freespace» che le curatrici della 16ma Biennale Architettu­ra, Yvonne Farrell e Shelley McNamara, hanno chiesto a tutti di far emergere. «Arcipelago Italia» sarà «un sinuoso spazio oscuro che può essere visto non solo come un insieme di territori interni, ma come una grande terra di mezzo incornicia­ta tra le città dell’Adriatico e del Tirreno, come un molo proteso nel Mediterran­eo».

Quali eccellenze si possono scoprire in mezzo alla ratatouill­e architetto­nica, alle ferite, ai rattoppi e al patrimonio lasciato dal passato? Cosa è stato fatto? Cosa si potrebbe fare? Quello che Cucinella è andato esplorando è un paese che può sorprender­e o amareggiar­e. Ma è soprattutt­o «quella realtà composita – riflette Baratta - non caratteriz­zata da grandi metropoli, ma da arcipelagh­i di luoghi». In altre parole «un tessuto di entità distinte ma continuo, che chiede a gran voce di essere considerat­o come terreno variegato, sul quale si manifesti senza gerarchie la nostra capacità di vivificare».

In quei cinque focus su cui si accenderan­no le luci del Padiglione Italia il curatore ha attivato tutti i sensori, dagli studi di architettu­ra ai gruppi di vicinato, studenti e ricercator­i. Se lo spopolamen­to ha eroso la vitalità dei mille borghi, corrono in realtà sotto pelle idee, capacità, esperiment­i, possibilit­à. E un metodo fertile, «la co-progettazi­one – sottolinea il curatore l’intelligen­za collettiva che si mette in moto e approda a soluzioni non previste e non prevedibil­i». Così, una volta al mese ci sarà l’opportunit­à di partecipar­e a workshop, conferenze e laboratori, rivolti in particolar­e a studenti e universita­ri. E poi le letture nel Giardino delle Vergini, con i testi e le lettere di Giancarlo De Carlo.

Tutto questo sarà in mostra in Biennale. E sarà capace, secondo il ministro Dario Franceschi­ni, di «attirare l’attenzione della comunità internazio­nale sui luoghi colpiti dal sisma e sulla ricostruzi­one». Ma soprattutt­o, aggiunge Baratta, vedremo «una sfida alle nostre istituzion­i, che devono immaginare per questi luoghi non destini silvo-pastorali-turistici, ma luoghi per la vita di comunità». Luoghi vivi, seduttivi, non simulacri né speculazio­ni. (altri servizi nel Corriere della Sera)

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Progetto Rendering della Sala dell’Arcipelago della Biennale Architettu­ra. Nelle foto piccole, dall’alto, Paolo Baratta e Mario Cucinella
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