Orlandi, in coda per la droga dal cellista
Ospedale di Bussolengo, sventato giro di «coca e fumo» alle camere mortuarie
C’erano il camice bianco e l’imprenditore, l’operaio e il rappresentante. Clienti «qualificati», (poco più di 20 quelli svelati dalle intercettazioni telefoniche e ambientali ) quelli che si rifornivano regolarmente di cocaina e marijuana da uno degli addetti alla camera mortuaria in servizio all’ospedale Orlandi di Bussolengo. Ma ad acquistare droga da Emanuele Garonzi (52 anni, di Sommacampagna), erano anche disoccupati.
C’erano il camice bianco e l’imprenditore, l’operaio e il rappresentante. Clienti «qualificati»,(poco più di 20 quelli svelati dalle intercettazioni telefoniche e ambientali ) quelli che si rifornivano regolarmente di cocaina e marijuana da uno dei cellisti in servizio all’ospedale di Bussolengo. Ma ad acquistare droga da Emanuele Garonzi (52 anni, di Sommacampagna), erano anche disoccupati: prevalentemente gente del posto e delle località limitrofe, tutti bene informati del giro di stupefacenti che chissà da quanto tempo gravitava attorno alla camera mortuaria dell’Orlandi.
«Coca e fumo», su accordo telefonico o di persona, venivano anche consegnati a domicilio (a casa o al lavoro, a seconda delle esigenze di ciascun cliente) oppure in altri posti che non dessero nell’occhio. A portare tali traffici in luce e mettere fine al «giro», è stata la procura scaligera che si è imbattuta nella vicenda nel corso dell’inchiesta sulle mazzette ai cellisti del Policlinico. E il pm Valeria Ardito, sulla base delle prove collezionate grazie alle intercettazioni, ha chiesto e ottenuto i domiciliari non sono per Garonzi ma anche per Salvatore Minniti (57 anni di Lugagnano) e Klodian Kodra (albanese, 35 anni, di Lugagnano).
Tutti chiamati a rispondere di spaccio di stupefacenti, hanno fatto scena muta nel corso dei rispettivi interrogatori di garanzia davanti al gip Luciano Gorra. Nessuna richiesta di revoca degli arresti da parte dei difensori (avvocati Alessandro Ballottin e Massimo Dal Ben in sostituzione del collega Stefano Cuoghi): per adesso, dunque, nessuna variazione alle attuali misure cautelari.Indizi di peso, del resto, quelli che trapelano dalle conversazioni «in codice» tra cellista, i due complici e i clienti della «combriccola»: per loro, cocaina e marijuana diventavano, a seconda dei casi, «balle di fieno», «confetti», «caffettini» e «birrette». Quando esplose a Borgo Roma lo scandalo-tangenti che inguaiò 5 suoi colleghi, Garonzi fece bonificare il suo «ufficio» alla camera ardente, trovò la «cimice» piazzata dagli investigatori ma continuò comunque a gestire il suo «secondo lavoro» illecito usando da quel momento in poi esclusivamente il suo cellulare personale. Peccato per lui, però, che anche quello fosse «ascoltato» in diretta dalla polizia giudiziaria. Esattamente come avvenuto ai suoi (ormai ex) colleghi incastrati al Policlinico, Marco Dal Dosso, Davide Franchini, Romolo Risegato, Alberto Colombini e Claudio Gastaldelli. Per loro, destini giudiziari diversi: il primo sta per patteggiare, gli altri 4 hanno da poco ricevuto l’avviso di fine-indagine.Tutti traditi dai telefoni.