La Consulta salva il voto degli italiani all’estero
Non ce l’ha fatta, VENEZIA Antonio Guadagnini (foto), consigliere regionale di rito indipendentista, a scardinare a dieci giorni dalle elezioni il sistema di voto dei nostri connazionali all’estero (4,3 milioni di elettori e le operazioni che li coinvolgono sono oramai praticamente concluse). La Corte Costituzionale ha infatti ritenuto «inammissibile» la questione di legittimità sollevata da un giudice del tribunale di Venezia, a cui Guadagnini si era rivolto insieme a Pier Michele Cellini, veneziano residente in Slovacchia. L’udienza, fissata in extremis proprio per l’imminenza della chiamata alle urne, era incentrata sui dubbi che da sempre accompagnano la legge Tremaglia, che nel 2001 ha chiuso i seggi allestiti presso le ambasciate e i consolati consentendo agli italiani all’estero di votare per corrispondenza, dopo aver ricevuto a casa scheda e busta preaffrancata. Una prassi che si presta a distorsioni se non a vere e proprie compravendite di preferenze, con gli elettori disinteressati al voto nella madrepatria pronti a cedere la propria scheda per pochi soldi a gruppi organizzati. La Consulta, però, non è entrata nel merito della legge, limitandosi a vagliare un aspetto puramente formale, sollevato dall’avvocato dello Stato, Vincenzo Nunziata per conto della Presidenza del Consiglio, e cioè il fatto che il ricorso prende le mosse dal referendum del 2016, circostanza che non consente di sollevare questioni di costituzionalità sulle leggi elettorali. «Una totale mancanza di coraggio - commenta Guadagnini - si sono aggrappati a una stupidaggine, una scusa per non decidere. Così facendo, però, avallano un sistema criminogeno. Se questa è la giustizia italiana, faccio bene ad essere indipendentista».