L’elettronica travolta da Amazon
Trony licenzia, Euronics ridimensiona, da Mediaworld si sciopera. Tutti i casi a Verona
Ieri hanno cominciato ad arrivare le lettere di licen- ziamento agli ex dipendenti del punto Trony di via Cappello. Ma è un momento nero per tutto il comparto della grande distribuzione dell’elettronica. A Mediaworld si minaccia lo sciopero, Euronics mette in mobilità i 15 dipendenti dello snodo logistico di Castel d’Azzano. La stessa catena rinuncia a vendere lavatrici e frigoriferi nei punti minori. Gli esperti: «Vendite online cresciute del 28%».
Ieri hanno cominciato ad essere recapitate le prime lettere di licenziamento. Saranno in tutto 35, quanti i dipendenti del negozio Trony di via Cappello che già erano passati attraverso la crisi di Fnac. Dps Group che controlla una parte dei negozi italiani ad insegna Trony ha, comunque, presentato richiesta di concordato in continuità. Ciò che ha avanzato anche la milanese Galimberti, società che commercializza con il marchio Euronics: in questo caso si paventa l’avvio della procedura di mobilità per il magazzino logistica di Castel d’Azzano in cui lavorano 15 persone. Nel frattempo, già da qualche mese, Euronics ha deciso di concentrare la vendita del «bianco» (gli elettrodomestici di grandi dimensioni come frigoriferi e lavatrici) nei punti vendita veronesi con le migliori performance. Le organizzazioni sindacali, intanto, hanno proclamato sciopero in tutti i punti vendita Mediaworld per sabato 3 marzo, per protestare contro la chiusura di due negozi, a Milano e Grosseto. Non è ancora effetto domino, ma i segnali che per le catene protagoniste dell’elettronica di consumo non sia un bel momento sono più che concreti. In America, il fenomeno lo hanno ribattezzato «retail apocalypse» e non riguarda più solo il settore dell’elettronica. Su questo in particolare, però, pesano una serie di fattori: in Italia i volumi di vendita fermi, c’è un parziale passaggio sul canale online che, però, riduce ulteriormente i margini, è arrivata la concorrenza fortissima dei colossi dell’e-commerce (Amazon in primis) ed è cambiato l’approccio dei nuovi consumatori, con i millennials che acquistano sempre meno nei negozi fisici e sempre più in rete.
I dati elaborati dall’Osservatorio eCommerce del Politecnico di Milano indicano che, l’anno scorso, il mercato italiano online legato ai prodotti ha raggiunto i 12,2 miliardi di euro di valore grazie principalmente alla crescita degli acquisti in informatica ed elettronica che segnato un aumento del 28%, ma anche di abbigliamento +28%, food & grocery +43% e arredamento +31%. Il valore degli acquisti dei prodotti ha superato per la prima volta quello dei servizi. Mentre gli acquisti da smartphone sono in crescita del 65% rispetto al 2016 e hanno superano nel 2017 i 5,8 miliardi di euro. «Stanno cambiando proprio le modalità di consumo – spiega Domenico Secondulfo, responsabile dell’Osservatorio dei consumi dell’Università di Verona – ed è un fenomeno che sta avvenendo in maniera esponenziale e velocissima. Si guardi ad esempio al Black Friday: anche in Italia, quasi il 50% degli acquisti di quel giorno è stato fatto online. Si utilizzano le piattaforme perché l’elettronica è uguale dappertutto, mentre si investe il tempo nel confronto, quindi nei negozi, per ciò che è ancora personale». I dati di una ricerca specifica seguita dall’Osservatorio saranno presentati a marzo, ma ciò che emerge, secondo Secondulfo, è questo: «Abbiamo sempre meno tempo perciò acquistiamo direttamente da casa, mentre in Italia usciamo per qualcosa di importante, tipo il cibo fresco. Seguendo questa logica, saranno meno penalizzati i negozi che si trovano nei centri commerciali, cioè vicini a punti di interesse, mentre quelli che erano attrattori in quanto tempio dell’elettronica sono destinati a soffrire». Da un punto di vista occupazionale, il cambiamento è epocale, ma rischia di diventare drammatico. «Noi denunciamo da un po’ – chiarisce Graziella Belligoli di Filcams Cgil Verona – che causa della crisi del settore dell’elettronica è l’e-commerce, un mondo che non ha controllo». E il futuro potrebbe essere complesso: «Anche perché – analizza Barbara Marchini, segretario Uiltucs Verona – le professionalità presenti nei negozi sono difficilmente ricollocabili altrove».