Corriere di Verona

«Il mio Hellas è sano e vale 70 milioni»

Da Volpi a Sogliano, da Pecchia a Fusco: intervista a tutto campo al presidente Setti

- Fontana

Maurizio Setti è seduto in ufficio, nella sede dell’Antress, la sua azienda di moda, a Carpi. Si accomoda a un tavolo ampio. C’è una squadra, il Verona che vede salire il rischio della retrocessi­one in B. C’è una gestione, quella del presidente gialloblù, che è sempre sotto la lente d’ingrandime­nto: dai rapporti con Volpi, al divorzio con Sogliano, fino ai guai di oggi, la crisi di risultati, lo spettro della B, i prossimi addii di Fusco e Pecchia. Ora è il tempo delle risposte.

Maurizio Setti è seduto in ufficio, nella sede dell’Antress, la sua azienda di moda, a Carpi. Si accomoda a un tavolo ampio. C’è una squadra, il Verona che vede salire il rischio della retrocessi­one in B. C’è una gestione, quella del presidente gialloblù, che è sempre sotto la lente d’ingrandime­nto. E c’è, soprattutt­o, il tempo delle risposte.

Presidente Setti, quando si parla della proprietà del Verona, il convitato di pietra è sempre uno: Gabriele Volpi.

«Storia infinita, questa, ma con una sola verità: mi ha aiutato, ma a titolo personale. Non ha mai avuto niente a che fare con il Verona. Con Volpi c’era un rapporto straordina­rio. Mi chiamava dieci volte al giorno, mi voleva con sé ovunque. Grazie alla mia consulenza ha comprato una casa a Forte dei Marmi, giravamo sulla sua barca da 80 metri in compagnia. Dopo, però, qualcosa si è rotto». Quando è accaduto?

«Io volevo che entrasse nell’Hellas. A dicembre 2015 mi sottopose un grande progetto: fare un nuovo stadio con annesso centro sportivo nella zona della Cava Biondani. Roba da 300 milioni. Con lui, a guardare le carte, c’era Giampiero Fiorani. A gennaio 2016 Volpi sparisce, più sentito. A quel punto mi sono trovato in difficoltà: c’erano degli investimen­ti da fare insieme ed è saltato tutto». Il Verona, quindi, è di Setti?

«Lo è e lo è stato sempre. Girano molte voci sulla Falco, la società controllan­te dell’Hellas, perché è giuridicam­ente basata in Lussemburg­o. Ebbene, l’ho fatta spostare in Italia, così la finiremo anche con questa roba».

Sarà, ma nel suo «primo» Verona gli investimen­ti erano maggiori. Poi, il flusso di denaro si è ridotto drasticame­nte. Come mai? «Stavamo per crollare. Sean Sogliano è il direttore sportivo con cui ho avuto l’intesa più immediata, gli voglio bene, ma è pure uno che spende tanto, prende giocatori che dopo servono a poco. Un esempio? Marquinho è costato 800mila euro d’ingaggio più 200mila di prestito dalla Roma. Il suo impiego, di fatto, ci costò, nel 2014, 400mila euro a partita. Ma potrei andare avanti ancora».

Con Sogliano ha chiuso il rapporto profession­ale nel 2015, ma la retrocessi­one è arrivata l’anno dopo, con Bigon ds e Giovanni Gardini che era sempre dg.

«Verissimo, e quella è stata una stagione disgraziat­a. Pazzini si è fatto male, e già si era infortunat­o Luca Toni, con tanti altri. Avrei dovuto cambiare prima Mandorlini. Ma per Gardini, com’era già per Sogliano, vale un principio: a tutti e due ho dato potere di firma. Gardini, peraltro, non l’ha mai usata». Ha delegato troppo?

«Proprio per questo la firma non la concedo a nessuno. Ce l’ho soltanto io. Perché tocca a me controllar­e, sono io che decido cosa e come spendere. Eravamo arrivati a un punto in cui l’Hellas pagava 38 milioni di ingaggi per i giocatori, su un fatturato che al massimo poteva raggiunger­e i 48 milioni. Insostenib­ile». Eppure non le sono mancate delle ricche plusvalenz­e…

«Soldi che avremmo dovuto reinvestir­e meglio. Abbiamo guadagnato bene con la cessione di Jorginho al Napoli, con Iturbe l’operazione è stata fatta in entrata e uscita, prendendo 7 milioni tra Porto e Roma. Donsah? L’avrei tenuto, ma Mandorlini lo considerav­a l’ottavo tra i centrocamp­isti, e allora meglio vendere».

Questo è il passato, comunque. Il presente è fatto di una classifica critica con lo spettro della serie B.

«Il risultato sportivo verrà sempre dopo l’equilibrio di bilancio. Meglio in Serie B sani che restare in A e fallire. Il Verona non farà come il Parma o come altre società che hanno fatto un “buco” economico folle e sono scoppiate. Noi l’Iva la paghiamo, e anche tasse e contributi».

D’accordo, presidente, ma i tifosi vorrebbero poter coltivare dei sogni… «Li capisco, e il sogno che ho è vedere il Verona che si consolida in Serie A, cosa che accade più facilmente a fronte della crescita del fatturato. Mi prendono in giro perché parlo di internazio­nalizzazio­ne del brand, ma è così che si cresce: marketing, merchandis­ing. Il calcio è business».

Questo è il panorama che tratteggia lei, ma le chiediamo: quanto vale l’Hellas?

«Non meno di 70 milioni di euro. Questi sono numeri certificat­i, tra patrimonio giocatori, marchio, settore giovanili, introiti derivanti dai diritti tv. Il prezzo è questo».

Ha ricevuto delle offerte per rilevare l’Hellas, o perlomeno una quota?

«Mai nulla di serio. Calzedonia? È un gigante, ma Sandro Veronesi non è interessat­o al calcio. L’Aia? Carlo Veronesi ci ha fatto visita, è passato dagli spogliatoi, ma non c’erano interessi specifici da parte sua se non quelli dettati dalla cortesia». Dice quello: Setti con l’Hellas si mette via dei soldi.

«Nel Verona i soldi li ho sempre messi, altroché. E non mi tiro fuori lo stipendio dal club, io prendo zero euro, sfido chiunque a dimostrare il contrario, sono fesserie».

Alla fine di tutto, i verdetti li dà il campo. Domenica al Bentegodi arriva il Torino. Pecchia è a rischio?

«I giudizi li fanno i risultati. Il gruppo è con l’allenatore, e per questo non ho ragioni per dire che sia in discussion­e. Certo, oltre alla prestazion­e occorrono i punti». A fine anno Pecchia saluterà, insieme a Filippo Fusco?

«Credo sarà così, ma la decisione è loro, del tutto personale, al di là dell’esito finale del campionato. Chi arriverà dopo? Per l’allenatore vedremo. Come ds, escludo Toni, ha altre idee. Cerco uno che spacchi i numeri, che faccia tornare sempre i conti».

I rapporti con Volpi Mi ha aiutato, ma a titolo personale. Mi sottopose un grande progetto: fare un nuovo stadio da 300 milioni. A gennaio 2016 sparisce, più sentito

Il divorzio da Sogliano

Gli voglio bene, ma è pure uno che spende tanto, prende giocatori che dopo servono a poco Ho delegato troppo, ora firmo solo io

Pecchia e Fusco

Credo se ne andranno a fine campionato, ma la decisione è loro. Come nuovo direttore cerco uno che spacchi i numeri, che faccia tornare i conti

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