L’occupazione cresce anche senza incentivi Il tempo determinato? Ha sostituito i voucher
Veneto Lavoro: «Il posto fisso è in diminuzione»
Le nuove posizioni di lavoro create dal sistema produttivo veneto, negli ultimi tre anni, sono state 112 mila; nel solo 2017 si è arrivati a 34 mila. Al netto delle sempre possibili discussioni sulla qualità dei contratti di chi sia coinvolto in questo saldo, la cifra, nella sostanza, conferma come l’inversione di tendenza registrata nel 2015 non fosse solo collegata ai robusti incentivi introdotti con la legge finanziaria di quell’anno, in particolare con la totale decontribuzione Inps per i nuovi assunti. Le tabelle diffuse dall’agenzia regionale Veneto Lavoro aggiornate al 31 dicembre sono un’espressione chiara di come le previsioni avanzate negli ultimi trimestri fossero fondate. Mentre la disoccupazione aggiornata al 30 settembre scende al 5,9% (era al 6,5% un anno prima), i nuovi posti di lavoro sembrano spalmarsi un po’ su tutte le classi e i generi: sono 19.500 per gli uomini e 14.500 per le donne, e come accade da parecchi anni per due terzi riguardano cittadini italiani. La disamina sulla natura dei contratti è l’elemento che più divide le opinioni. Le posizioni di lavoro si stanno progressivamente spostando sui rapporti a tempo determinato mentre, anno su anno, quelli stabili diminuiscono.
Per i ricercatori di Veneto Lavoro questi ultimi, nel corso del 2017, sono calati di 17.200 unità e le cause sono diverse. Una prima sta nel venir meno degli incoraggiamenti fiscali che avevano determinato il boom del 2015 e, in misura minore, dell’anno successivo. Poi potrebbe giocare un ruolo di un certo peso l’attesa di nuovi incentivi per il 2018 annunciati già da ottobre, con la conseguente tendenza degli imprenditori intenzionati ad integrare nuovi addetti in pianta stabile ad attendere il nuovo anno. Il ricorso massiccio ai rapporti a termine, invece, va ricondotto soprattutto a due ragioni. Una è la più che felice stagione turistica, specie balneare, registrata in Veneto nell’anno appena trascorso. Essendo questo settore quello in cui storicamente si ricorre in misura più massiccia a contratti a termine, l’effetto traino è più che comprensibile. Il secondo motivo sta nel maggiore utilizzo dei contratti a scadenza come compensazione del venir meno dei voucher, almeno secondo l’uso «distorto» osservato prima della loro riforma. Va anche ricordato che la riformulazione dei buoni lavoro ha ristretto molto il loro campo di applicazione, limitando la possibilità di utilizzarli, ad esempio, soltanto alle imprese con meno di cinque addetti. Allo stesso modo nei «tempi determinati» sono probabilmente confluiti lavoratori che prima sarebbero stati inquadrati come collaboratori parasubordinati o autonomi occasionali.
Per il 2018, in ogni caso, si prevede un riequilibrio fra le forme contrattuali a termine e definitive. Per tradurre tutto questo in un dato generale, che vada al di là delle forme contrattuali, va detto che senza dubbio in Veneto le giornate-lavoro complessive sono aumentate e che lo stesso trend dovrebbe continuare per l’anno in corso. I saldi positivi più corposi sono stati intercettati nel commercio, nel turismo, nella logistica, nell’istruzione e quindi nei campi dell’industria, delle costruzioni e anche in agricoltura. In calo, si sono rivelati il tessile-abbigliamento, il legno-mobilio e il marmo.