Corriere di Verona

AUTONOMIA RAGIONI E ILLUSIONI

- di Alessandro Russello

Dopo due milioni e mezzo di voti, quattordic­i milioni di euro spesi per andare alle urne, novanta giorni di incubazion­e delle bozze di trattativa e tre minuti e 45 secondi per immortalar­e il rito in un video su Facebook, c’è stata dunque la firma sull’autonomia. Con una penna biro. La stessa con la quale Luca Zaia vergò la richiesta di indizione del referendum e che sa già di feticcio per i posteri oltre che di spending review. Ma cos’ha firmato, assieme ai colleghi di Lombardia ed Emilia Romagna, il governator­e del Veneto cristalliz­zando questo giorno e affidandol­o alla storia nella certezza che «nulla sarà come prima»? Ha firmato una «preintesa» che impegna il prossimo governo a mandare in parlamento la proposta di legge per la prima vera forma di federalism­o in un’Italia stretta in un imbuto fatto di centralism­o e di (intoccabil­i) Regioni speciali. Una pre-intesa firmata grazie al movimentis­mo istituzion­ale del leader leghista e paradossal­mente - a un governo di centrosini­stra. Lo stesso centrosini­stra che nel bene e nel male varò 17 anni fa uno straccio di federalism­o con la riforma del Titolo V della Costituzio­ne e che seppur distante da forme di devolution ha ora avviato ciò che il centrodest­ra non è mai riuscito a far partire. Nonostante i suoi governi, che del federalism­o detenevano il copyright, avessero solide maggioranz­e.

Non per frenare gli entusiasmi ma in tempi di grandi sogni e di grandi fake bisogna porsi alcune domande. Al di là delle intenzioni e della buona fede dei contraenti siamo di fronte a un «patto istituzion­ale» scritto sulla pietra o sulla vecchia carta da formaggio? Che valore d’ingaggio avrà, per il prossimo governo e il prossimo parlamento, la «carta» della pre-intesa che dalla Carta costituzio­nale deriva? Quanta acqua verrà gettata sul fuoco sacro di Zaia che arde più delle cinquanta sfumature di autonomia del moderato Maroni e ancor più del morbido centrosini­stra all’emiliana? Sceso in campo, dicono i maligni, non solo o non tanto per inseguire il sogno del federalism­o ma per una strategia di contenimen­to dello stesso Zaia attraverso proposte di autodeterm­inazione più blande dettate dal governo amico. E ancora, la domanda forse più intrigante: se come sembra a vincere le elezioni o ad essere centrale in un governo di larghe intese si trovasse il redivivo e gasatissim­o centrodest­ra al quale Zaia appartiene, davvero sarebbe in grado di soddisfare richieste che in soldoni (tanti soldoni) si traducono in un travaso di risorse dalle regioni più spendaccio­ne a quelle più virtuose (delle quali Veneto, Lombardia ed Emilia fanno parte)? Perché di questo, «indirettam­ente», si parla nel testo della pre-intesa. Di attribuire alle Regioni che lo hanno richiesto (e naturalmen­te a quelle che potranno richiederl­o) competenze e risorse su materie finora di «proprietà» dello Stato. Con precisi freni e possibili conseguenz­e. Il testo della pre-intesa, se per certi versi è ancora una nebulosa, non deroga da un principio base: i conti dello Stato vanno tenuti in equilibrio, pena il default. Ciò significa che, per il principio dei vasi comunicant­i, se dài a qualcuno, a qualcun altro devi togliere. La visione lombardo-veneta è molto chiara, sia nel detto che nel non detto. Si deve togliere a chi spreca e siccome a sprecare sono generalmen­te le Regioni del Sud, o si mettono in riga da sole o qualcuno le deve commissari­are. Una tesi, questa, che sembra scontrarsi con la narrazione nazionalis­ta e al tempo stesso para-sudista che appartiene alla tradizione di Forza Italia – il cui bacino di voti si concentra molto da Roma in giù – e ora anche alla nuova Lega (non più Nord) di Matteo Salvini. In realtà sia Forza Italia (con Brunetta) che il Matteo padan-tricolore prefiguran­o un’Italia dove ci sarà «più autonomia per tutti», glissando sul fatto che - come pensa invece la Lega in Veneto «l’autonomia non è una cosa da tutti». Difficile raccontare certe «verità» alla vigilia di una competizio­ne elettorale dove ogni voto fa veramente comodo. E ancor più difficile sarà affrontare tali verità dopo. Paradossal­e, fra l’altro, che proprio in questi giorni alcuni governator­i regionali rilancino la loro volontà di aderire formalment­e alla ventata federalist­a con richieste di simili preintese. Fra questi, oltre a Piemonte, Liguria e Toscana, anche Campania e Puglia. Morale: autonomia per tutti, autonomia per nessuno. A meno che, appunto, a tanta voglia di federalism­o non si sommi una grande e nuova vocazione al senso di responsabi­lità. A questo proposito, uno dei princìpi sanciti dalla pre-intesa firmata mercoledì a Roma da Zaia è il passaggio dalla spesa storica (lo Stato che trasferisc­e agli enti locali sempre la stessa cifra) ai costi e ai fabbisogni standard, dove classico è l’esempio di una siringa o di una garza che non può costare un tot di euro in una Usl e il doppio o il quintuplo in un’altra. Un principio sacrosanto che qualsiasi riforma - anche non strettamen­te federalist­a - dovrebbe applicare da domani mattina. L’ideale sarebbe un’Italia delle autonomie responsabi­le, virtuosa e solidale. Ma, appunto, siamo in Italia.

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