E tra le imprese scoppia la grande paura
Dagli artigiani ai commercianti: non affossate la ripresa. I timori di Confindustria
«Ingovernabilità» e «anti europeismo». VENEZIA Il doppio incubo delle categorie economiche venete, nel day after elettorale, parte da qui. Dalle territoriali di Confindustria alle associazioni degli artigiani spaventano un quadro nazionale confuso e lo smantellamento dell’impostazione economica degli ultimi governi.
Silenzio stampa Ordine di scuderia: con la stampa ci parlano in pochi. «Alleanza con la Lega? Forse»
Febbrile la tentazione della vigilia, anche in casa M5S, di fare previsioni. E tra i più scafati quel «25%» nei giorni scorsi vorticava inquieto. Si è arrivati al 24,4%, non paragonabile alle percentuali bulgare del Sud, per carità, ma neppure malaccio per il Veneto. Anche se il politologo Paolo Feltrin rileva che si son persi per strada due punti percentuali equivalenti a 80 mila voti.
I maligni sussurrano che le polemiche sulla conduzione della campagna elettorale tesa a svelare altarini e misfatti degli avversari non abbiano aiutato. E che il rivolo veneto della «rimborsopoli» nazionale nemmeno. Secondo Feltrin, i voti triplicati della Lega avrebbero bloccato i Cinquestelle passati dal 26,3% al 24,4 facendo da argine.
Eppure non mancano dati eclatanti come la «presa» dell’ex roccaforte rossa e poi fucsia. Il M5S, infatti, è il primo partito a Venezia con uno stellare (è il caso di dirlo) 27,6% quattro punti sopra il Carroccio e addirittura 6 rispetto al Pd. L’unico capoluogo di provincia veneto conquistato nettamente dai 5 Stelle è proprio il capoluogo di regione. Un successo trainato dai picchi dell’entroterra (32 a Mira, 33,6 a Vigonovo, 31 a Campagna Lupia). Effetto Riviera del Brenta? Non solo, a Spinea si è arrivati al 32 così come a Chioggia. Il Veneziano, insomma, ha scelto il M5S annientando il Pd e chi lo conosce bene dice che l’enfant prodige ed ex sindaco di Mira Alvise Maniero sia ancora felicemente sorpreso nell’apprendere che la sua zona, insieme a Genova e Torino, ha ottenuto i picchi più alti del M5S al Nord.
Difficile appurarlo visto che, come dopo le Parlamentarie, l’ordine di scuderia è perentorio: non parla nessuno tranne un paio di parlamentari uscenti e riconfermati. Non il capogruppo in Regione e coordinatore della campagna elettorale, Jacopo Berti, non i neoeletti. Motivazione: meglio parli chi ha già un’esperienza consolidata di relazioni con la stampa. Eppure, già ieri mattina, la consigliera regionale «dissidente» Patrizia Bartelle faceva uscire un comunicato che auspicava la permanenza in classe fino a fine anno dei bimbi non vaccinati. Insomma, l’aria è cambiata e qualcuno si sente già più libero di esprimersi. Sul tappeto, però, il tema più scottante resta quello delle eventuali aperture ad altri schieramenti. Come dire, la madre di tutti i taboo pentastellati. Francesca Businarolo, deputato riconfermato a Verona (mentre resta ancora in forse il secondo in lista Mattia Fantinati che se la gioca con Giacomo Bortolan) spiega: «Con la Lega abbiamo sofferto un po’, certo, ma ci siamo difesi più che bene e no, le polemiche sul Movimento non hanno inciso. Quanto a un’alleanza con la Lega la vedo dura. Poi, sui temi siamo sempre stati pronti a condividere». E il minimo comun denominatore resta, per tutti il mantra che Di Maio ha introdotto da un po’: aperture con tutti, certo, ma su temi specifici. Federico D’Incà, bellunese, altro uscente riconfermato alla Camera, parla di «risultato nazionale strepitoso e maturità del M5S in Veneto». Rilanciando: «Siamo l’unica alternativa alla Lega in Veneto. Sui grandi temi della corruzione in tutte le sue forme, dal Mose ai Pfas, noi c’eravamo. Alle prossime regionali ce la giocheremo perché questa terra ha bisogno di un cambio di passo. Poi, sul piano nazionale, accordi sì, anche con la Lega ma solo su temi specifici». Stesso per il «padre nobile» del Movimento in Veneto: Giovanni Endrizzi, riconfermato al Senato con Barbara Guidolin, Orietta Vanin e Gianni Pietro Girotto: «Com’è andata in Veneto? Era difficile, si giocava in casa Lega eppure stavolta si tratta di adesione piena al nostro programma. Ed è un programma di buon senso essendo stato condiviso con i cittadini. E quindi immagino che le altre forze politiche non possano rifiutarsi di convergere su alcuni punti. Inclusa la Lega. Questione di temi, di sostanza, non di potere. E poi non è vero che siamo antieuropeisti, siamo per un’Europa più coesa ed equa, una richiesta che arriva anche dagli industriali. Ma ritengo che su tutti questi temi, incluse sicurezza e immigrazione, si debbano esprimere i leader».