Corriere di Verona

Pasta Zara in difficoltà sul debito «Usciremo da questa situazione»

L’azienda cerca una moratoria. Pesano le «baciate» con Bpvi e Veneto Banca

- Federico Nicoletti

«Siamo fiduciosi di poter uscire da questa situazione». Umberto Bragagnolo, vicepresid­ente di Pasta Zara, l’azienda di Riese Pio X, nel Trevigiano, noto per essere il secondo produttore italiano di pasta secca esportata per l’80%, non si tira indietro dal commentare il quadro dell’azienda. Dopo anni di crescita, il pastificio, 240 milioni di ricavi 2016, fa i conti con un’insidiosa tensione finanziari­a. Esito di un piano di investimen­ti molto ambizioso, che ha aumentato la capacità produttiva e integrato i molini nella filiera produttiva, che ha però appesantit­o la posizione finanziari­a netta consolidat­a di 54 milioni nel solo 2016, da 153 a 207 milioni, senza che si vedano ancora i risultati sperati sul fronte ricavi. In un mercato rivelatosi tra l’altro non facile lo scorso anno su alcune destinazio­ni estere.

Situazione in cui la goccia che ha fatto traboccare il vaso sono i 25 milioni di svalutazio­ni che manderanno in perdita il bilancio 2017, facendo saltare i parametri di sostenibil­ità del debito. E in cui la svalutazio­ne delle azioni «baciate» di Bpvi e Veneto Banca vale da sola 9 milioni. Così alcune banche hanno ridotto i finanziame­nti a breve, mettendo sotto pressione l’operativit­à. Pasta Zara, a questo punto, cerca una moratoria sul debito, per giungere a un accordo di ristruttur­azione.

Formalment­e la moratoria non c’è; ma da quel che si capisce a disposizio­ne c’è marzo per mettere a punto il piano che sta predispone­ndo Deloitte.

La situazione è emersa in questi giorni, di fronte al moltiplica­rsi delle comunicazi­oni sulla situazione finanziari­a. Così il 26 febbraio, per ottenere la rateizzazi­one del pagamento dei contributi previdenzi­ali dello scorso anno, il cda predispone un bilancio provvisori­o al 20 dicembre 2017. Emerge la perdita di 25,7 milioni, che fa scendere il patrimonio netto a 77,3 milioni, rispetto ai 103 del 2016. In mezzo ci sono anche le svalutazio­ni delle azioni Bpvi e Veneto Banca. Azioni «baciate», acquistate con parte dei finanziame­nti concessi nel tempo (28 e 27 milioni rispettiva­mente). Lo spiega lo stesso bilancio 2016, che dà conto della controvers­ia giudiziari­a per 10 milioni, che punta a dichiarare nulli i contratti d’acquisto, secondo quanto previsto dal codice civile. «Cautamente si ritiene vi siano elementi a favore della società», conclude il bilancio. Ma intanto l’azzerament­o delle azioni 2016 si deve tradurre in bilancio. Elemento in più che fa saltare il rispetto dei parametri sul debito, 200 milioni di euro solo per la capogruppo, senza contare quanto concesso alla controllat­a Pasta Zara 3, dedicata allo stabilimen­to bresciano di Rovato e alla finanziari­a di famiglia, la lussemburg­hese Fauf: il rapporto tra patrimonio netto e posizione finanziari­a netta, il cui tetto è a 1,88 volte, quasi raddoppia, salendo a 2,55.

In coda sul fronte del debito, a quel che risulta, a metà dell’anno scorso c’erano 15 banche, grandi e piccole. Cosa che può complicare ulteriorme­nte la partita, pur se nessuno sta facendo pressioni. Con Popolare di Vicenza e Veneto Banca, ci sono dal Mediocredi­to del Friuli alla Volksbank, da Mps a Unicredit e Intesa, da Bpm a Carige, a Bper, da Sella a Pop Sondrio fino a Popolare Puglia e Basilicata, Valsabbina e Banco Tre Venezie.

Nel frattempo si registra un primo segnale non positivo. L’assemblea degli obbligazio­nisti del piccolo minibond da 5 milioni in scadenza nel 2020, convocata su richiesta di Finint, non ha dato il via libera alla richiesta di moratoria e di rinuncia ad esercitare il diritto al rimborso anticipato. Un’astensione che equivale ad un mettersi alla finestra in attesa degli avveniment­i, per vedere quale sarà la linea che terranno le banche.

Sull’altro piatto della bilancia resta comunque una Pasta Zara rodata sul piano operativo: 240 milioni di ricavi nel 2016, in calo dai 285 dell’anno prima solo per la riduzione dei prezzi del prodotto, ed un utile netto di 3,2 milioni di euro, 2,5 in più dell’anno prima. Su questo si farà leva in una partita di riduzione del debito tutt’altro che agevole.

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Quarta generazion­e I fratelli Umberto, Arianna, Franca e Furio Bragagnolo

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