Fioravanti sposa il «metodo Castagnetti»
Domenico Fioravanti ha un’azienda nel Veronese. Il legame con la città e con il suo ex tecnico: «Da lui ho imparato tanto»
Domenico Fioravanti, ministro allo Sport indicato dai grillini, ha un rapporto viscerale con Verona: ci lavora e, soprattutto, ha un ricordo indelebile di Alberto Castagnetti, il suo allenatore. «Il suo metodo per l’Italia dello Sport», dice.
Nell’ipotetica squadra di governo individuata dal Movimento 5 Stelle già prima del voto, Domenico Fioravanti sarebbe il ministro dello Sport. E in un ipotetico ministero dello Sport guidato da Domenico Fioravanti, ci sarebbe qualcosa, forse molto, della lezione del suo grande allenatore veronese Alberto Castagnetti (1943-2009): «Una persona pacata, anticonvenzionale e di ampie vedute. Un secondo padre. Mi rivedo tanto in lui e da lui tanto l’ho anche preso».
Quarant’anni, piemontese di Novara, primo nuotatore italiano a svettare nei Giochi Olimpici facendo sue le due medaglie d’oro nei 100 e 200 rana a Sidney 2000 – nel palmares anche un oro e argento mondiali, quattro ori e un argento europei e 76 titoli italiani – il nome di Fioravanti, ritiratosi dal nuoto nel 2004 dopo la diagnosi di un’ipertrofia cardiaca, era stato annunciato da Alessandro Di Battista, una settimana fa, alla presentazione del programma per lo sport del M5S: «Il nuotatore più medagliato del nuoto azzurro, qualora il M5s andasse al governo, sarà il nostro ministro dello Sport: Di Maio ha chiesto la sua disponibilità e lui ha accettato». Lui: «Scusate un pizzico di emozione, non capita tutti i giorni di ricevere così tanto affetto. Sarà un grande onore e un privilegio ricoprire questa carica, ma al tempo stesso una grande responsabilità. Mi reputo un uomo di sport ma al servizio dello Sport».
Due giorni dopo il voto – che per la cronaca ha visto Fioravanti battuto dal centrodestra nel collegio 2 di Torino della Camera – l’ex campione di vasca risponde direttamente al telefono dalla sede di Akron, l’azienda di San Martino Buon Albergo fondata insieme alla famiglia Dell’Andrea, costumi e materiale tecnico per sport acquatici, attività che va avanti ormai da 13 anni e che porta Fioravanti a fare la spola tra Verona e quella Brescia dove abita: «Non posso parlare di politica, non adesso, ma di Castagnetti e Verona volentieri…». Partiamo da lì, allora, Fioravanti: se le diciamo Castagnetti?
«Sette anni con lui, a Verona. Mi prese che avevo 19 anni, mi portò al traguardo più alto dell’oro olimpico. Un rapporto di pancia, non ti faceva mai da balia, con lui o crescevi o smettevi. Penso sia inevitabile che ogni atleta prenda qualcosa dal suo allenatore. Io, in Alberto, mi rivedo per quell’essere a modo, per quel carattere indipendente di chi ti lascia spazio,
dandoti l’opportunità di sbagliare e quindi di crescere». Uno di larghe vedute, Castagnetti, diceva…
«Girava il mondo per studiare i colleghi, vedere come lavoravano a una settimana dalle gare, come ne preparassero il piano. E questo nonostante fosse già un numero uno. Forse, mi viene da dire, lo era proprio perché non si adagiava mai. Penso pure a quando mi convinse a fare i 200 rana oltre ai 100, a Sidney, nonostante non ne fossi tanto convinto: aveva visto più lungo, era più consapevole di me, e mi spinse a non sedermi». Era pure un anticonvenzionale, Castagnetti…
«Sì. Come quando vedendo il tuo bisogno di cambiare aria s’inventava di portarti negli Stati Uniti. Si capiva molto, d’altronde, già da come vestiva: d’inverno, zero gradi, in calze di lana e ciabatte. Non si preoccupava di ciò che gli altri potessero pensare di lui». L’ambiente di lavoro?
«Sapeva creare un clima di serenità. Ricordo gli allenamenti ad Arbizzano, il rapporto con lo staff, le segretarie, gli istruttori. Sembrava di stare a casa. E in un posto di lavoro l’armonia ti fa la differenza».
La cosa più importante che le ha insegnato il nuoto, Fioravanti?
«Il rispetto, prima di tutto per me stesso poi per l’avversario e per le regole. E il saper perdere. Pare assurdo, ma in una vittoria non troverai mai ciò che può insegnarti una sconfitta». E il nuoto italiano oggi?
«Per fortuna abbiamo ancora figure che fanno da traino come Federica Pellegrini (anche lei forgiata da Castagnetti e ancora oggi di base al Centro Federale in città, ndr) e Gregorio Paltrinieri, ragazzo squisito che si fa un mazzo tanto. Manca un po’ di attenzione al settore giovanile. Ch’è poi un argomento sensibile, a livello generale, nello sport italiano: abbiamo tanti praticanti, ma penso bisognerebbe avere appunto più attenzione, e professionalità, nei settori giovanili».
Sarà un grande onore ricoprire questa carica, ma al tempo stesso una grande responsabilità