Il luminare padovano e l’autopsia su Astori: «Nessuna malattia»
Il calciatore è morto per una bradiaritmia. Il professor Thiene: consiglio a tutti i ragazzi controlli cardiologici
È stato Gaetano Thiene, professore emerito del Centro di patologia vascolare dell’Università di Padova, con il collega Carlo Moreschi, anatomopatologo dell’Ateneo di Udine, ad effettuare ieri l’autopsia su Davide Astori, il capitano della Fiorentina trovato morto domenica a Udine. Il suo cuore avrebbe rallentato sempre più fino a fermarsi, non si sa ancora per quale motivo.
Non sarebbe morto per una cardiopatia, Davide Astori, il capitano della Fiorentina trovato senza vita domenica mattina in albergo a Udine, dove la squadra viola avrebbe dovuto giocare contro l’Udinese. Dall’autopsia eseguita ieri nel capoluogo friulano dal professor Gaetano Thiene, professore emerito del Centro di patologia vascolare dell’Università di Padova, e da Carlo Moreschi, anatomopatologo dell’Ateneo di Udine, risulta «un decesso cardiaco senza evidenza macroscopica, verosimilmente su base bradiaritmica». Insomma, il cuore avrebbe rallentato sempre più il battito fino a fermarsi, ma non si sa ancora per quale motivo. Al primo esame macroscopico non sono emerse malattie cardiovascolari, ma si tratta di un’indicazione iniziale e provvisoria, alla quale seguiranno approfondimenti microscopici, molecolari e tossicologici.
«Dalle prime rilevazioni non sembrerebbe trattarsi di cause esterne diverse da quelle di una morte naturale — spiega Antonio De Nìcolo, procuratore capo di Udine che ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo al momento a carico di ignoti —. Prudenzialmente i consulenti spiegano che si dovrà attendere l’esito degli esami istologici per un pronunciamento definitivo. Hanno chiesto 60 giorni di tempo, poi avremo un quadro completo».
Il professor Thiene, già perito della Procura di Macerata nel caso del decesso del pallavolista polesano Igor Bovolenta, il 24 marzo 2012 stroncato da una cardiopatia durante il match di serie B/2 disputato appunto nelle Marche con la maglia del Volley Forlì, studia la morte improvvisa dal 1982. Ed è il mentore della professoressa Cristina Basso, che gli è succeduta alla direzione del Centro di Patologia vascolare di Padova e che proprio eseguendo l’autopsia su Piermario Morosini, il calciatore del Livorno morto il 14 aprile 2013 durante una partita di serie B a Pescara, ha scoperto una nuova variante della cardiomiopatia aritmogena. La malattia, responsabile del 30% dei decessi negli atleti, per trent’anni era stata individuata solo nel ventricolo destro, ma su Morosini fu riscontrata nel sinistro. Una forma più pericolosa, perché non rilevabile nè dall’elettrocardiogramma nè dall’ecografia, ma solo dalla risonanza magnetica. «Negli ultimi 36 anni abbiamo studiato e conservato 800 cuori — spiega Thiene — appartengono ad altrettanti sportivi vittime di morte improvvisa, che può essere causata anche da anomalie congenite o da aterosclerosi coronarica accelerata prematura. La morte improvvisa aritmica cardiaca avviene entro un’ora dall’inizio dei sintomi ed è dovuta a una serie di alterazioni strutturali del cuore ad ampio spettro, dalle patologie aortiche a quelle coronariche, miocardiche, delle valvole cardiache, del tessuto di conduzione fino a patologie dei canali ionici, che presiedono l’aspetto elettromeccanico della funzione cardiaca. Oltre il 90% sono morti cardiache aritmiche — continua il luminare — ma ci possono essere anche morti meccaniche, dovute a tromboembolia polmonare o rottura dell’aorta».
Il fenomeno colpisce un giovane su 100mila all’anno, però il rischio aumenta di tre volte negli sportivi: tre atleti 20/35enni ogni 100mila all’anno possono morire improvvisamente. Come prevenire nuove tragedie? «Queste patologie non sono presenti alla nascita ma si manifestano tra i 15 e i 20 anni, quindi consiglio un elettrocardiogramma a tutti i ragazzi, non solo agli sportivi — avverte Thiene —. Solo 1 su 10 lo fa adesso, il 90% è escluso dai controlli. Noi intanto abbiamo scoperto sei geni scatenanti la cardiomiopatia aritmogena, i cui primi fattori di rischio nei soggetti predisposti sono lo sforzo fisico e le grandi emozioni, capaci di aumentare il ritmo cardiaco sopra i 120/130 battiti al minuto. Abbiamo attivato un laboratorio di diagnosi a Padova, diretto dalla professoressa Basso, che sottopone a screening genetico i soggetti predisposti, partendo dai familiari delle vittime. Ne vediamo 400/500 l’anno, tenuti sotto controllo da terapia farmacologica o, nei casi più gravi, con il defibrillatore impiantabile».
Thiene guida un’équipe multidisciplinare composta da cardiologi, anatomopatologi, genetisti, biologi molecolari e radiologi che sta studiando nei topi transgenici e nei pesci l’insorgenza e la progressione della malattia. E’ genetica, i genitori hanno il 50% di possibilità di trasmetterla ai figli.
L’obiettivo dello studio è mettere a punto farmaci capaci di mutare i geni responsabili della patologia.