«S’intascò i soldi della prozia» Broker nei guai
Truffa aggravata e indebito uso del bancomat: la vittima ha 80 anni e vuole i danni. Ma la difesa:regalie
Truffa aggravata dal danno economico di rilevante entità e indebito uso del bancomat della prozia: risponderà sul banco degli imputati di questa duplice accusa il promoter assicurativo rinviato a giudizio ieri.
Truffa aggravata dal danno economico di rilevante entità e indebito uso del bancomat: risponderà sul banco degli imputati di questa duplice accusa il promoter assicurativo rinviato a giudizio all’ex Mastino. Ad aver chiesto di processare Matteo Avesani per rispondere di tale doppia contestazione ai danni di un’anziana parente, nella fattispecie di una prozia che ha ora 80 anni, è stato al termine delle indagini preliminari il pm Francesco Rombaldoni.
E ieri, da parte del giudice per l’udienza preliminare Raffaele Ferraro, al termine della discussione è stato effettivamente sancito il rinvio a giudizio dell’imputato la cui vicenda verrà trattata nelle prossime settimane davanti al giudice Filippo Castronuovo.
Disposta anche la citazione del responsabile civile ovvero la compagnia assicurativa. Stando all’accusa l’imputato con una serie di artifici e raggiri avrebbe convinto la parente a effettuare per suo tramite una serie di investimenti in prodotti finanziari-assicurativi per la compagnia per cui lui aveva da poco iniziato a lavorare l’avrebbe indotta in svariate circostanze dapprima a consegnargli una somma a pari a diecimila euro in contanti. Successivamente l’avrebbe quindi convinta a compilare e intestare a suo favore assegni bancari per oltre mezzo milione di euro, che poi l’imputato secondo il pm avrebbe provveduto a porre all’incasso destinando però agli investimenti solo l’importo di 341mila euro mentre il restante denaro l’avrebbe tenuto per sé: con tale condotta, sempre secondo la ricostruzione delineata dalla procura scaligera, l’uomo avrebbe così indotto in errore la zia circa la veridicità delle sue proposte di investimento e si sarebbe procurato un ingiusto profitto pari a 173mila euro cagionando quindi alla vittima un danno patrimoniale di rilevante entità. La condotta dell’imputato si sarebbe protratta secondo l’accusa per tre anni, dal 2013 al 2016, durante cui avrebbe anche usato in un paio di episodi la tessera bancomat della parente pur non essendone titolare effettuato due prelievi da 1.200 euro ciascuno.Stando alla difesa (avvocati Giovanni Trolese e Greta Sona) le somme che l’imputato si è trattenuto sarebbero state in realtà «regalie» della parente. Lo deciderà il giudice Castronuovo, davanti cui si preannuncia già da adesso la trattazione di una vicenda piuttosto delicata e che vede le posizioni di accusa e difesa contrapporsi in modo frontale. Senza contare il ruolo della prozia: tutelata dal legale di parte civile Marco Tosetto, è stata proprio lei a gennaio del 2016 ad accorgersi che qualcosa «non le tornava» e a decidere di denunciare quel giovane nipote di cui «si fidava» e a cui aveva quindi creduto. Al punto da affidargli una simile somma.