Franceschi ko per pochi voti «Non ne faccio un dramma la vera sciagura è Di Maio»
Fuori l’imprenditore padovano che ha finanziato Forza Italia «Un bravo ragazzetto ma non può certo guidare il Paese»
A dicembre, nella sua azienda di Trebaseleghe, era venuto a trovarlo anche Luigi Di Maio. Una visita cordiale, i giornali ne parlarono e specularono su una possibile intesa: in fondo, Fabio Franceschi, 49 anni, presidente e amministratore unico di Grafica Veneta, il più grande stampatore italiano di libri, era anche azionista (di minoranza) del Fatto Quotidiano. Ma poi, un paio di mesi dopo, aveva annunciato: mi candido con Forza Italia in Veneto, me l’ha chiesto Berlusconi con una telefonata. Boom. Quota del «Fatto» liquidata al volo. «Gli auguro le migliori fortune», sorrise a denti stretti Marco Travaglio. Poi l’inizio della campagna elettorale con un sostanzioso investimento a favore del partito. Ma Franceschi non ce l’ha fatta. Era terzo in lista alla Camera in Veneto 2, provincia di Vicenza. E con il crollo imprevisto di Forza Italia è rimasto fuori. Anche se di pochissimo. Ghedini è dentro, Brunetta anche. Brucia?
«E’ stata una cosa di poche centinaia di voti, ne mancavano pochi. Diciamo che non mi fa piacere ma non è una tragedia. Ok, non è andata, fa lo stesso. Avrei preferito altrimenti, ma mi creda, non ci ho perso i miei sonni». Eppure lei era il fiore all’occhiello delle candidature di FI in Veneto. Un imprenditore prestato alla politica. La società civile, avrebbe detto qualcuno... Non potevano darle una posizione migliore in lista?
«Ma no. A fare questo casino è stato il dato nazionale di Forza Italia, che è crollata, e la Lega che è schizzata al massimo. Non gliene faccio una colpa. Queste elezioni si sono giocate così, al momento. Tanto per dire, gli elettori hanno dato il 30% a quattro ragazzotti che hanno promesso mille euro a testa, soprattutto a quelli del Sud, senza dire che una roba del genere ci costerebbe cento miliardi. Che in cassa non ci sono neanche lontanamente”.
Il M5S dice che il reddito di cittadinanza costerebbe molto di meno.
«Cosa devo dirle. E’ un paese fatto così, che non ha grande propensione per prendere decisioni intelligenti».
A dicembre Di Maio era venuto a trovarla in azienda. Che impressione le ha fatto?
«E’ un bravo ragazzetto, per carità, non è male. Ma lo metterebbe mai a guidare la Fiat? Io no. E come non lo metterei alla guida di una grande azienda, come possiamo pensare di affidargli uno Stato che è grande tremila volte la Fiat? Non ne faccio una questione personale, ma ha 31 anni, come mio figlio. Che esperienza vuole che abbia»? Non vorrebbe che suo figlio facesse il premier?
«Non penso proprio. Per gestire un paese ci vuole gente all’altezza». Ha timori nei confronti dell’avanzata dei M5S?
«Se fanno metà di quello che hanno detto di voler fare è una tragedia, siamo già tecnicamente falliti. Vogliono tagliare, fare, brigare, fino a quindici giorni fa parlavano di uscire dall’euro. Per piacere».
Anche Salvini all’inizio ipotizzava un’uscita dalla moneta unica. E ha parlato di dazi.
«Siamo seri, l’Italia non potrà mai uscire dall’euro. I tassi d’interesse schizzerebbero dall’1 al 15% in una notte, di cosa stiamo parlando? Quanto ai dazi, non sono neanche ipotizzabili, l’Unione Europea ci salterebbe addosso. Non dico che non siano interessanti in linea teorica, ma sono impossibili da fare. Sciocchezzuole inattuabili». Non le piace il modo in cui Salvini ha cambiato la Lega?
«Diciamo che è quello che è, non lo stimo più di tanto. Come si dice dalle mie parti, è uno che attacca l’asino dove il padrone vuole. Fare politica vuol dire prendere posizioni definite su questo e quello. E poi fa troppe sparate, i paesi vanno governati con la testa, non con la pancia. Ma stiamo a vedere. Questi del centrodestra sono piccoli fastidi, sfumature, se paragonati a quel che succede negli altri schieramenti». Che rapporto ha con Luca Zaia?
«Ecco, sarà che con Luca ho un’amicizia, ma di lui posso dire che è persona affidabile e credibile. E’ uno che ha le risposte giuste ai problemi che abbiamo». L’hanno chiamata dal suo partito in queste ore?
«Sì, eccome. Ghedini mi ha chiamato due o tre volte, dicendo che era rammaricato per la mia situazione. Ripeto, non ho recriminazioni». Adesso che succede?
«La destra riceverà un incarico, perché è lo schieramento che ha avuto più voti. Proveranno a formare un governo, e non credo che il Pd andrà coi Cinque Stelle. Ci vorrà qualche giorno. Forse non troppi». Con il 13% il destino di Forza Italia è segnato?
«No, penso che resterà. Ha il suo zoccolo duro, punto più punto meno. E penso che potrà anche crescere, se il quadro politico cambierà. E’ stato Berlusconi a cercarmi, ci ho creduto e ancora ci credo. L’uomo ha i suoi pregi e i suoi difetti, ma lo vedo ancora molto determinato e deciso».
L’avversione Il Movimento Cinque stelle? Un gruppo di ragazzotti che vuole governare il Paese regalando soldi alla gente, soprattutto al Sud. Ci costerebbe cento miliardi, e dove li troviamo? La sconfitta Arrabbiato con Forza Italia? Ma no. A fare questo casino è stato il dato nazionale del partito, che è crollato, e la Lega che è schizzata al massimo. Non gliene faccio una colpa. Queste elezioni si sono giocate così... La Lega e Salvini Siamo seri, l’Italia non potrà mai uscire dall’euro. I tassi schizzerebbero dall’1 al 15% in una notte. Quanto ai dazi, non sono neanche ipotizzabili. Zaia? Un amico, affidabile e credibile