Corriere di Verona

MENO FESTA E PIÙ PROTESTA

- di Gabriella Imperatori

Una festa ci sarà anche in questo 8 marzo, certo. I giornali sono carichi di annunci invitanti: concerti, spettacoli teatrali, ingressi gratuiti a musei e mostre. E naturalmen­te, come sempre, ci saranno le serate con amiche al cinema e in pizzeria. Forse meno mimose, e meno ancora striptease maschili in discoteca. Gli 8 marzo cambiano col tempo, come cambia il femminismo che, si sa, è un movimento carsico. A volte emerge con forza altre volte sprofonda nel silenzio, specie, oggi, da parte della generazion­e delle Millennial: che ignorano quanta fatica sono costate alle madri e sorelle maggiori (le «ragazze del secolo scorso», per dirla con Rossana Rossanda) le grandi o piccole conquiste di libertà e di diritti di cui ora figlie e nipoti godono.

Ma stavolta le donne parlano, anzi urlano di rabbia, dolore, determinaz­ione per la parità e soprattutt­o contro ogni tipo di violenza. A partire dai femminicid­i, ormai quasi uno al giorno: c’è il rischio che l’indignazio­ne lasci il posto ad assuefazio­ne e indifferen­za. E a proseguire con le molestie in ogni ambito, da quello famigliare a quello nel mondo dello spettacolo o del lavoro qualsiasi, dove le donne sono spesso più deboli, e non denunciano per non perdere il posto, e non se ne vanno di casa, se le violenze sono domestiche, per motivi economici o di vergogna sociale. Anche se poi molte si rivolgono ai centri antiviolen­za.

Eoltre alle offese, alle umiliazion­i, alle botte, devono a volte subire quel tipo di molestia «scherzosa» che può ferire come un pugno. Fatta di parole. Cito: « La storia è stata fatta solo dagli uomini», dice tutto fiero quell’uomo che non sa neppure gestire la propria vita. Oppure: «Ma come, non ti senti lusingata»?, provoca quel capo che palpeggia la dipendente. E ancora: «Sei una fallita», accusa quel convivente che - ancora oggi vorrebbe la compagna succube, oltre al lavoro fornelli, camicie da stirare e figli da seguire. Anche la prostituzi­one, se non scelta ma imposta - specie alle immigrate - è frutto di violenza, anche il cyberbulli­smo, per non parlare dell’adescament­o in rete, un vero e proprio crimine. Che spesso provoca disturbi da stress, quando non suicidi.

Denunciare tutto questo e altro ancora è sacrosanto, ma un po’ riduttivo. Occorre insistere sul valore delle donne, sulla differenza in positivo che il loro contributo genera nella società per la loro fatica, per il coraggio, la generosità nel volontaria­to, l’incremento culturale, il successo nello sport e l’impegno politico, nonostante la scarsa presenza femminile nelle istituzion­i. Le recenti elezioni hanno mandato in parlamento, qui nel Veneto, meno di un terzo di elette rispetto agli uomini, eppure di donne interessat­e e preparate alla partecipaz­ione politica ce ne sarebbero ben di più.

Occorre ricordare la storia delle donne che, qui dal Veneto, han fatto l’Italia. Dalla prima laureata del mondo, Elena Cornaro Piscopia, a Tonina Marinello, che travestita da uomo ha partecipat­o alla spedizione dei Mille. Da Felicita Bevilacqua La Masa, che oltre a dedicarsi alla cultura ha portato soccorso ai rivoltosi della Repubblica Romana nel 1848. Dalle artiste e scrittrici e scienziate e imprenditr­ici, via via sempre più numerose con il passare del tempo, a donne come Tina Anselmi, partigiana e politica, e alle due Merlin, Lina e Tina. Di loro (e non solo di loro) ha scritto Tiziana Agostini nel libro «Le donne del Nordest», e hanno scritto altre autrici più o meno celebri. Ecco, per finire questa minirasseg­na incompleta, vorrei ricordare le tante eroine senza nome e senza gloria, che non finiranno nei libri, nei nomi di strade e piazze, che non sono mai state celebrate ma hanno contribuit­o e contribuis­cono a fare del Veneto una regione migliore, e dell’Italia un Paese migliore, e del mondo un mondo migliore.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy