Corriere di Verona

Moraglia: non c’è più il voto cattolico

Il Patriarca dopo il terremoto elettorale: «Chiediamoc­i se abbiamo ancora rilevanza»

- Francesco Bottazzo

«Non ha senso parlare VENEZIA di un “voto cattolico”: c’è, piuttosto, il voto dei singoli cattolici. Dobbiamo interrogar­ci sulla rilevanza o meno e la sussistenz­a della cultura d’ispirazion­e cattolica nella vita sociale e politica di oggi». É questa l’analisi del Patriarca dopo il terremoto politico uscito dall’urna. «Confido nel realismo e nel senso di responsabi­lità di chi verrà chiamato a governare - spiega Francesco Moraglia la campagna elettorale è finita. E la Chiesa non può tacere».

Patriarca Francesco Moraglia, in questi giorni si assiste a tutta una serie di reazioni e tentativi di analisi del voto del 4 marzo. Si è fatto un’idea di quello che è successo? Se l’aspettava un risultato simile?

«Sto cercando anch’io di capirne di più, tuttavia non posso dire di essere totalmente sorpreso dai risultati di queste elezioni. I segnali di una crescente stanchezza nei confronti di una certa politica non mancavano. Così pure si poteva registrare agevolment­e un montante sentimento e moto di sfiducia. E tutto questo ha generato, evidenteme­nte, una volontà di cambiament­o che, da un lato, ha portato a registrare un’alta e significat­iva percentual­e di votanti (e non era proprio un dato scontato) e, dall’altro, una voglia di scegliere con il proprio voto di andare contro e, possibilme­nte, ribaltare gli equilibri politici esistenti e tradiziona­li a favore di altri».

Sta dicendo che quindi ha prevalso l’esigenza di voltare pagina?

«Sì, è stata certamente dominante. E così pure, a mio parere, un’insofferen­za verso le contrappos­izioni personali o di partito, le promesse eccessive ma anche verso le sterili rivendicaz­ioni di risultati confortant­i e di “riprese” economico-sociali spesso tanto annunciate ma ancora troppo poco avvertite nelle vicende quotidiane dei cittadini. Par di capire che soprattutt­o nei più giovani questi sentimenti abbiano prevalso, insieme alla pressione per le fatiche e le difficoltà che più li riguardano direttamen­te: l’ingresso nel mondo del lavoro, il raggiungim­ento di un’autonomia sociale, la prospettiv­a reale di formare una famiglia e mettere al mondo dei figli. Soprattutt­o loro, desiderano e cercano, a loro modo, un cambiament­o e non si sentono accompagna­ti da scelte politiche progettual­i ma solo da misure episodiche ed emergenzia­li».

Dal voto della settimana scorsa sono uscite vincitrici le forze politiche che hanno una loro visione su immigrazio­ne e sul ruolo dell’Europa non proprio in linea con le posizioni della Chiesa. E’ preoccupat­o per il futuro? Ritiene di invitare queste forze ad una maggiore responsabi­lità sui temi dell’accoglienz­a?

«Confido nel realismo e nel senso di responsabi­lità di chi verrà chiamato a governare. La campagna elettorale ha i suoi toni ma ogni forza politica capace d’esprimere una cultura di governo è chiamata poi a trovare nella sua azione una sintesi virtuosa. Ritengo poi che la Chiesa, proprio perché ha a cuore il bene comune di tutti, non può tacere o mancare di sollevare l’attenzione su situazioni problemati­che, di fragilità e di sofferenza, di ingiustizi­a o discrimina­zione, le vecchie e nuove povertà che riguardano i cittadini, le persone, le famiglie e i popoli, tutto ciò che tocca la nostra comune umanità e con un’attenzione capillare alle fatiche dei nostri territori, cercando oltretutto di non privilegia­re o trascurare mai nessuno. In questi giorni sono a Jesolo per la visita pastorale, nel suo impegno caritativo e di solidariet­à, una grande parrocchia del luogo segue e accompagna regolarmen­te cinquanta famiglie italiane, ventidue straniere e sette miste. Mi pare un segnale eloquente per tutti... Del resto, la ricerca del consenso non è mai un criterio per l’azione e la missione della Chiesa. Sappiamo, infatti, che il Vangelo è e rimane memoria e coscienza critica per ognuno. E, quindi, anche per la politica e per i politici».

I risultati delle elezioni dimostrano, secondo alcune analisi, un’avvenuta «disinterme­diazione« ovvero l’assenza o l’irrilevanz­a di quei corpi intermedi della società che hanno, invece, sempre caratteriz­zato la realtà italiana, come ad esempio le categorie economiche. Secondo lei anche la Chiesa soffre di questo fenomeno? Pur avendo certamente autorità morale, viene ancora realmente ascoltata?

«Anche questa fase definita di “disinterme­diazione”, in effetti, fa emergere un tratto di società italiana in grande trasformaz­ione e in sofferenza. Per quanto ci riguarda mi pare evidente che, da tempo, i singoli credenti votano in maniera molto diversific­ata, in base alla sensibilit­à e alla storia di ciascuno. Proprio per questo non ha senso parlare di un “voto cattolico”: c’è, piuttosto, il voto dei singoli cattolici che oggi si diffonde un po’ dappertutt­o. In tal senso, la questione di fondo su cui tutti — cattolici italiani e veneti — dobbiamo interrogar­ci è l’incidenza o meno, la rilevanza o meno, la sussistenz­a o meno della cultura d’ispirazion­e cattolica nella vita sociale e politica di oggi, nell’attuale contesto. Nello stesso tempo, mi chiedo anche che cosa siamo chiamati a fare...».

In questa situazione Patriarca, che cosa è più necessario fare?

«Sempre più ritengo necessario lavorare sulla formazione delle persone perché cresca l’attenzione, la sensibilit­à ed anche la “convenienz­a” sociale dell’impegno per il bene comune e per la dignità della persona, da tutelare in ogni momento della vita, dei principi di solidariet­à e sussidiari­età, del vero senso della politica in un giusto mix di idealità e realismo, nel corretto esercizio di una democrazia illuminata e fortificat­a da valori. Quanto al futuro del nostro Paese, la situazione, come tutti vediamo, è complessa e anche complicata».

Secondo lei l’Italia riuscirà ad avere presto un governo?

«Confidiamo molto nel senso di responsabi­lità di tutti e nella saggezza del presidente Sergio Mattarella affinché, lungo i binari stabiliti dalla Costituzio­ne, si individui con sano realismo una soluzione percorribi­le e il più possibile condivisa secondo i criteri e le regole della democrazia. E, soprattutt­o, che le forze politiche sappiano trovare alcuni concreti punti di convergenz­a attorno ai quali lavorare insieme per porre le basi di una vera ripartenza del nostro Paese».

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Nominato da Ratzinger Francesco Moraglia (1953), Patriarca di Venezia dal 31 gennaio del 2012, genovese, prima di arrivare in laguna è stato vescovo di La Spezia

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