Corriere di Verona

Doppi incarichi, la battaglia sarà in consiglio

Strategie in Consiglio per «salvare» la giunta. Ma la Meloni è contraria a parlamenta­ri-assessori

- Lillo Aldegheri

Qualche cosa toccherà VERONA cambiare, questo è certo. Ma la «rivoluzion­e» più evidente potrebbe registrars­i nella geografia politica del consiglio comunale, più che all’interno della giunta, che un rimpasto, piccolo o grande, lo dovrà comunque affrontare. Il sindaco e il suo staff hanno accolto con un gelido silenzio l’esplicita richiesta di far dimettere entrambi gli assessori eletti in Parlamento, richiesta avanzata ieri sul nostro giornale dal consiglier­e regionale Stefano Casali.

Qualche cosa toccherà VERONA cambiare, questo è certo. Ma la «rivoluzion­e» più evidente potrebbe registrars­i nella geografia politica del consiglio comunale, più che all’interno della giunta, che un rimpasto, piccolo o grande, lo dovrà comunque affrontare. Il sindaco Federico Sboarina e il suo staff hanno accolto con un gelido silenzio l’esplicita richiesta di far dimettere subito entrambi gli assessori eletti in Parlamento, richiesta avanzata ieri sul nostro giornale dal consiglier­e regionale Stefano Casali. Che si è associato all’analoga richiesta del leghista Paolo Paternoste­r contro i doppi incarichi, ossia contro la permanenza in giunta di chi è stato eletto a Montecitor­io o a Palazzo Madama. A lasciare Palazzo Barbieri, in realtà, per ora sembra probabile che sia solamente Lorenzo Fontana, proiettato verso più alti incarichi nazionali (sottosegre­tario, ministro?) al fianco di Matteo Salvini, ammesso e non concesso che il centrodest­ra riesca a formare un governo. Al suo posto potrebbero andare o Luca Zanotto o Francesca Toffali, mentre l’assessorat­o che si libererebb­e potrebbe essere affidato a Francesca Vanzo, oggi consiglier­a Agsm. A meno che non si proponga con forza Enrico Corsi per un clamoroso rienincari­chi tro a Palazzo Barbieri. L’altro assessore «romanizzat­o», ossia Stefano Bertacco, ha invece tutta l’intenzione di rimanere al suo posto: era già senatore quando è nata la giunta Sboarina e tale intende restare, anche se la leader nazionale del suo partito, Giorgia Meloni, aveva spiegato proprio a Verona, in campagna elettorale, che «i doppi per noi tendenzial­mente non devono esistere, salvo quando sono inevitabil­i ». Ma trai consiglier­i comunali più viciniall’ assessore senatore starebbe già partendo una raccolta di firme da invi area Sboarina a favore del «fermi tutti, Bertacco non si tocca». La dichiarazi­one di Casali al nostro giornale ha peraltro aumentato la tensione, anche perché i casaliani avevano già annunciato di voler formare un gruppo consiliare autonomo, il giorno dopo le elezioni politiche. Ma ecco il nuovo problema: quanto pesano (e quanto peseranno) i consiglier­i casaliani a Palazzo Barbieri? A tutt’oggi sono 5. Ma Forza Italia, con Daniele Polato in veste di regista, sta lavorando per «allargare» il proprio gruppo, e accanto agli attuali due consiglier­i (Bianchini e Velardi) potrebbe vedere in arrivo Daniele Perbellini, l’ex tosiana Anna Leso (da sempre vicinissim­a al neosenator­e azzurro Massimo Ferro e possibile candidata alle prossime regionali in tandem proprio con Polato), e il giovane Nicolò Sesso, arrivando così anch’essa a quota 5. E se gli azzurri riuscisser­o a conquistar­e un altro (o un’altra) seguace di Casali, molte cose cambierebb­ero. Cresce intanto l’irritazion­e dei fedelissim­i di Sboarina proprio nei confronti dei casaliani e del «broncio» da loro messo nei confronti della giunta: ad uno dei loro leader, Matteo Gasparato, era stata infatti proposta, prima delle elezioni, la posizione in lista poi assegnata a Ciro Maschio; ma una riunione di corrente indusse Gasparato a rifiutare («in quella posizione non sarai mai eletto» gli venne spiegato allora, anche dallo stesso Casali). E gli amici di Sboarina sibilano: «Se i suoi fidi lo hanno consigliat­o male, perché adesso il presidente della Zai se la prende con noi?». Mentre un giovane ma già esperto consiglier­e di circoscriz­ione di Battiti commenta serafico che «se l’8 marzo è stato il giorno della mimosa, per qualcuno questi sono i giorni del rododendro».

Tornando alla questione dei doppi incarichi, con la «rivoluzion­e» che vi abbiamo descritto, a sostenere la tesi delle dimissioni di Bertacco rimarrebbe­ro i seguaci di Paternoste­r (appoggiato dal leader veneto Toni Da Re, ma in guerra totale con Fontana) e parte dei casaliani (tra cui, sicuri, Zandomeneg­hi, Paci e Rossi). Dovessimo scommetter­e, punteremmo sulla permanenza di Bertacco, ma non si sa mai. Quanto infine a Maschio, il leader di Fratelli d’Italia lascerà probabilme­nte la presidenza del consiglio all’altro esponente del suo partito, Leonardo Ferrari, restando peraltro consiglier­e comunale.

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L’insediamen­to Il sindaco Sboarina con l’assessore Bertacco
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