L’erosione dei negozi in centro storico
Dal 2008 sparite 90 attività di vicinato. «E ora cominciano ad avere difficoltà anche i grandi marchi»
I dati sulla demografia VERONA d’impresa del Centro Studi di Confcommercio certificano il declino: negli ultimi dieci anni (2008-2017) in centro storico c’è stata una netta diminuzione degli esercizi commerciali, in particolare di quelli specializzati, a favore di un significativo loro aumento fuori dal centro (da 1513 a 1638, cifra fortemente influenzata dalla presenza dei centri commerciali). È di circa il 10 per cento il calo assoluto delle attività in centro, dalle 748 del 2008 alle 678 di oggi, settanta in meno. In realtà il trend è ancora più drammatico se si considerano solamente le botteghe tradizionali e i negozi di vicinato.
Arena Locazioni residenziali ed extra alberghiero influiscono sul fenomeno
Bruci la città, cantava VERONA Irene Grandi. Ma a volte, forse, basta solo ferirla, la città. Verona cambia e non si lascia indietro niente. La periferia si mangia il centro. Lo dicono i dati sulla demografia d’impresa del Centro Studi di Confcommercio: negli ultimi dieci anni (2008-2017) in centro storico c’è stata una netta diminuzione degli esercizi commerciali, in particolare di quelli specializzati, a favore di un significativo loro aumento fuori dal centro (da 1513 a 1638). È di circa il 10 per cento il calo assoluto delle attività in centro, dalle 748 del 2008 alle 678 di oggi, settanta in meno. In realtà il trend è ancora più drammatico perché in quel -70 è compreso anche l’aumento dei negozi di informatica e telecomunicazioni (+3), del commercio al dettaglio ambulante (+12) e di quello annoverato «al di fuori di negozi, banchi e mercati» (+19). Se andiamo a isolare i dati relativi solo agli esercizi specializzati, cioè le care e vecchie botteghe, registriamo una riduzione di novanta attività, in particolare dei negozi di generi alimentari, di prodotti per la casa e di articoli culturali e ricreativi (negozi di libri, dischi, giocattoli eccetera).
I dati menzionati non comprendono alberghi, bar e ristoranti, settore calcolato a parte da Confcommercio e, a differenza degli altri, segnato da un evidente crescita sia in centro storico (da 572 a 659) che in periferia (da 838 a 1038).
«Dati inequivocabili, il centro, la sua vita e la sua demografia stanno velocemente cambiando», commenta Paolo Arena, presidente di Confcommercio Verona. I dati sulla demografia d’impresa infatti suggeriscono innanzitutto un mutamento nella demografia della popolazione: «Il centro diventa sempre meno residenziale – continua Arena – e infatti le attività che soffrono di più sono i negozi ‘di quartiere’, di vicinato, cioè quelli alimentari e di prodotti per la casa. I centri storici sono il cuore della società e cultura italiana, ma oggi stanno divenendo soprattutto dormitori per turisti, infatti non a caso che le uniche attività a crescere sono quelle della ristorazione, che soddisfano proprio la domanda turistica. Le locazioni residenziali costano sempre di più e i proprietari preferiscono affittare per breve tempo alle attività extra-alberghiere, che spesso però risultano deregolarizzate e caratterizzate da una forte evasione. Bisogna intervenire dal punto di vista legislativo e in questi anni non lo si è fatto». Arena poi sottolinea la concorrenza dei colossi commerciali e dell’e-commerce: «I grandi marchi dominano e prendono le miglior vetrine, quelle più costose. Ma attenzione, cominciamo a registrare delle difficoltà anche tra di loro e qualcuno presto potrebbe lasciare Verona. Se è difficile per i grandi, è chiaro che per le piccole attività, che soffrono tra l’altro di una tassazione fuori controllo, lo è ancora di più». Last but not least, i nuovi centri commerciali: «Si è sovradimensionata l’offerta senza che aumentasse la domanda – conclude Arena – e così il sistema non sta in piedi. Ma negli Stati Uniti tanti centri commerciali sono oggi cattedrali nel deserto e stanno chiudendo. Succederà anche da noi».