Corriere di Verona

Prelato ucciso, 7 ore di udienza «Foto porno nel pc di don Piccoli»

Il prete veronese unico imputato: la perpetua torna ad accusarlo

- La. Ted.

«Foto pornografi­che VERONA nel computer di don Paolo Piccoli», il sacerdote veronese di 52 anni accusato dell’omicidio di monsignor Giuseppe Rocco, 92 anni, trovato morto in camera nella Casa del Clero di Trieste, il 25 aprile 2014.

Ieri davanti alla Corte d’assise, dove il dibattimen­to aveva già preso il via il 22 settembre con una seduta prettament­e tecnica, il processo è finalmente entrato nel vivo. Per la prima volta, in aula a Trieste,era presente anche il parroco veronese (che tuttora abita nel capoluogo scaligero) e, nonostante i testimoni citati a deporre dalla procura fossero solo due,è andata in scena un’autentica udienza fiume, che si è protratta per oltre 6 ore e mezza. A condurre l’accusa,il pm Matteo Tripani che ha chiamato al processo a parlare per primi il capitano dell’Arma che si occupò delle indagini e l’anziana perpetua del monsignore, Eleonora Laura Dibitonto, che il 25 aprile 2014 ha trovato il corpo senza vita del 92enne prelato.

E le sorprese non sono mancate, con il militare dell’Arma che ha dato per la prima volta notizia in aula delle «foto di carattere pornografi­co» spuntate dal pc di don Piccoli, all’epoca del cosiddetto «delitto del seminario» residente a Trieste presso la Casa del Clero, in un alloggio situato accanto a quello di don Rocco, e imputato ora di omicidio volontario aggravato. Movente del delitto, per la procura, il furto di una collanina di monsignor Rocco che questi indossava senza mai separarsen­e e che, secondo quanto si è appreso, non è mai stata rinvenuta, nonostante le perquisizi­oni effettuate nei locali dove don Piccoli alloggiava. Per il pm, il sacerdote veronese sarebbe entrato nella stanza del prelato per rubare la collanina, così facendo avrebbe ucciso il prete strangolan­dolo e in questa circostanz­a avrebbe lasciato tracce ematiche sul letto dove l’anziano sacerdote il monsignore stava riposando. Per i difensori, Vincenzo Calderoni e Stefano Cesco, «don Rocco sarebbe deceduto per cause naturali» ma la procura non ci sta. E ieri in aula la perpetua ha ricordato la telefonata ricevuta il giorno in cui vennero sospesi i funerali della vittima: «Mi sono sentita dire al telefono “ti ammazzo”. Due volte». Ha descritto la voce di quell’uomo all’altro capo della cornetta come «priva di cadenze o accenti», aggiungend­o che «si esprimeva» in italiano. E ha negato di essersi tenuta l’eredità di don Rocco.

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Unico imputato Don Paolo Piccoli

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