Corriere di Verona

Foto porno, «nessuna prova che quel pc appartenes­se a don Piccoli»

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Nessuna certezza sulla identità dell’effettivo proprietar­io e/o utilizzato­re del computer su cui è stato ritrovato materiale pornografi­co e che, stando alla deposizion­e resa venerdì dall’ex comandante dei carabinier­i Pasquariel­lo al processo che vede il prete veronese don Paolo Piccoli imputato dell’omicidio volontario di don Giuseppe Rocco, sarebbe appartenut­o allo stesso Piccoli. Dall’avvocato Vincenzo Calderoni, si in chiaro che «non sussiste alcuna certezza sull’utilizzato­re del pc», tanto è vero che in aula i due legali di don Piccoli si sono «opposti a che si desse un seguito all’esame del teste su tale aspetto della vicenda, definitiva­mente risolto dal Tribunale per il Riesame; altresì è stata richiesto che la Corte prendesse atto della formale inutilizza­bilità di quanto riferito sul punto dal maggiore Pasquariel­lo. La Corte ha preso atto e disposto in conformità».Nei fatti, «il computer è stato sequestrat­o insieme ad una moltitudin­e di altri oggetti dalla Procura della repubblica di Trieste e dissequest­rato pochi giorni dopo, dal Riesame che ha riconosciu­to la sostanzial­e non pertinenza del sequestro. Dunque, in relazione al computer può affermarsi che il processo non ha accertato chi ne fosse il proprietar­io e utilizzato­re, in quanto don Piccoli subito ha preso le distanze; né ha accertato il contenuto dell’hard disk in quanto la copia forense non è stata disposta ed acquisita; pertanto il contenuto del disco non è noto nè può essere certificat­o dal semplice ricordo del maggiore Pasquariel­lo».

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