Corriere di Verona

«Siamo tutte ragazze madri» di Saveria Chemotti racconta tre generazion­i fuori dagli schemi. Ipocrisie, tradizioni e condanne in un paese di montagna Regole infrante e redenzione La storia vista dalle donne

- di Paolo Coltro

Una maledizion­e benedetta. Ci vuole un ossimoro per la sintesi dell’ultima storia raccontata da Saveria Chemotti, Siamo tutte

ragazze madri (L’Iguana editrice di Verona), tre generazion­i di donne che dal passato ancora presente camminano nel presente che è già futuro. Maledette, queste donne: la nonna, la figlia, la nipote perché tutte e tre sono rimaste incinte senza essere sposate, né fidanzate. Fuori dagli schemi, ma sbattute come puttane sullo schermo della società, quasi uguale dal dopoguerra ad oggi. Non riconosciu­te come normali, così come le loro figlie frutto del peccato. Il peccato è la maledizion­e sociale perché si è concretizz­ato, c’è la prova che non si può nascondere, un peccato così non consente l’ipocrisia dei molti altri. Maledette perché, magari senza la coscienza di sfidarle, rompono le regole. Ma alla fine questa storia è di benedizion­e, e non solo per l’ingombrant­e perenne presenza della religione, o della fede se volete, e dei suoi rappresent­anti. C’è un singulto finale di benedizion­e laica, che scende sulla donna come tale: sull’ultima nata, figlia della terza ragazza madre. Si chiama Lucia, nel nome porta una luce che sarà nuova.

Si sarebbe tentati di definire le tappe incrociate di queste tre vite come un sentiero femminista, che si inerpica fin nell’attualità. Ma è soprattutt­o un percorso femminile, lungo la linea delle generazion­i. Passano cinquant’anni tra la prima scandalosa maternità e l’ultima che con un colpo di reni, fisicament­e una spinta pelvica decisiva, diventa istintivam­ente, e consapevol­mente, gioiosa. E se la società sembra, ma solo sembra, accennare a una qualche evoluzione, il vero progresso è della persona, quella Rosa che si racconta per tutte le pagine del libro. Ragazza dei nostri giorni, infanzia da trovatella ma adolescenz­a da studentess­a modello, un mix di «canzoni e giaculator­ie» nel suo scoprirsi donna, inesperta anche quando dice «ho la musica nel cuore» perché si innamora, Rosa è più brava, cosciente, razionale di tante altre sue coetanee. In più è bellissima. L’«incidente» la sconvolge perché si ripete cento volte «siamo stati attenti», e non serve; perché sarà pur stato «un atto d’amore purissimo e condiviso» ma gli altri non la pensano così: i genitori adottivi, il prete, il paese, in parte la scuola.

Siamo in un paese di mezza montagna, nel Trentino timorato di Dio dove il prete conta come il sindaco, dove la libertà dei ragazzi deve seguire binari precisi, dove la tradizione è un patrimonio prezioso ma anche un freno. L’oggi è la discoteca, sono le donne che lavorano per essere indipenden­ti e magari diventano sindacalis­te, una floridezza economica che va oltre la stalla e i pascoli. Ma questo oggi convive con figure del passato che resistono nel presente: il padre adottivo è lo stereotipo della «pancia» popolare, la direttrice della casa di accoglienz­a è una beghina cattolica che arriva dall’800.

La storia è appena appena femminista e molto femminile perché vive dell’umanità delle protagonis­te, e in questa umanità l’essere donna – e madre – è totalizzan­te. Eccola la coscienza di genere, che sgorga dal vivere sensazioni esclusivam­ente femminili. E i lettori maschi? L’uomo è sullo sfondo, sembra secondario, e già questo provoca una riflession­e in chi legge. Se nell’autoafferm­azione delle donne – non tutte: la nonna no, la nipote sì – ci si aspettava un percorso di laicità, ebbene non c’è del tutto. Il credere ha il suo peso: nonna Ida cerca la «redenzione», il che presuppone l’esistenza della colpa sotto la sua specie cattolica. Due generazion­i dopo, Rosa ammette che «a me piacciono i peccatori, mi sono più simpatici», ed è un passo avanti. Ma resta sospesa la domanda se l’happy end sia più materno o più cristiano. Almeno è un happy end, dopo una serie di sfighe durate mezzo secolo. Siamo tutte ragazze madri’ è in libreria dal 6 marzo e chiude una trilogia che Saveria Chemotti ha pubblicato con L’Iguana. I primi due titoli sono stati La passione di una figlia ingrata e Ti ho cercata in ogni stanza.

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Sguardi femminili John William Waterhouse: «A Tale from the Decameron » (1916)
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Pagine La copertina del libro e l’autrice, Saveria Chemotti

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