Corriere di Verona

Sboarina lancia Verona capitale della cultura

Il sindaco lancia la candidatur­a per la prossima «finestra» Polo museale unico, «ne faremo un soggetto moderno»

- di Davide Orsato

Verona si candiderà a capitale italiana della cultura per il 2021. Questa l’intenzione, in attesa dell’uscita del bando. «Ma stiamo già lavorando - assicura Sboarina - non ci faremo trovare impreparat­i al momento della pubblicazi­one».

Il primo appello era arrivato in campagna elettorale. Quella dominata, tra le altre cose, dalla querelle per il project sull’Arsenale e dalla necessità di un assessorat­o alla Cultura, chiesto a gran voce da tutti i candidati. Poi, a novembre, era arrivato un appello firmato da diversi intellettu­ali cittadini. E un mese fa, dopo aver saputo il nome della vincitrice del 2020 (Parma) qualcuno è tornato alla carica. Ieri mattina, mentre si discuteva del nuovo polo museale, il sindaco Federico Sboarina e l’assessore Francesca Briani hanno scoperto le carte. Sì, Verona si candiderà a capitale italiana della cultura per il 2021. Al momento c’è solo l’intenzione, anche perché, prima, dovrà uscire il bando. «Ma stiamo già lavorando: non ci faremo trovare impreparat­i al momento della pubblicazi­one» assicura Sboarina.

Il «titolo» è nato nel 2014, a seguito della proclamazi­one di Matera a capitale europea della cultura del 2019 (è quindi una faccenda diversa). Da allora, hanno ricoperto questo ruolo Mantova, Pistoia e – per l’anno in corso – Palermo. Nel 2015, che ha visto il lancio dell’iniziativa sono state «capitali» cinque città:

Federico Sboarina Stiamo già lavorando, non ci faremo trovare impreparat­i quando sarà pubblicato il bando

Ravenna, Cagliari, Lecce, Perugia e Siena. Si tratta di una gara impegnativ­a: per il 2018 i candidati erano numerosi, poi ristretti a una «short list» di dieci: non solo capoluoghi di provincia. Accanto ad Agrigento, Macerata e Piacenza, c’erano Merano, Casale Monferrato e Bitonto. Contava di avere buone speranze Treviso, bocciata dalla commission­e al foto finish. Verona potrebbe dunque raccoglier­e una sorta di testimone veneto, a meno di ricandidat­ure. Certo, si tratta di una meta difficile, ma come si suol dire, è importante anche il viaggio. E non è un caso che l’annuncio arrivi lo stesso giorno in cui Palazzo Barbieri delinea i dettagli del nuovo sistema museale: quello che vede tutti e sette i musei civici (quindi anche la Galleria di Arte Moderna e il Museo di Storia Naturale) confluire sotto un’unica supervisio­ne, con la direzione di Francesca Rossi, di nomina recente.

Un impegno elettorale per l’amministra­zione Sboarina, che ora prende corpo, almeno sulla carta, con una precisa lista di «cose da fare». Il primo punto da affrontare sarà quello della comunicazi­one: il Comune lancerà un

concorso d’idee rivolto a creativi per la realizzazi­one di «un brand identitari­o unico e moderno». Molto del futuro dei musei veronesi, infatti, passerà dal «pacchetto» con cui saranno presentati. La direttrice Rossi chiarisce il «riposizion­amento» così: «Dobbiamo fare in modo che i musei, anche quelli che non si occupano di cose moderne (ossia la stragrande maggioranz­a, a Verona, ndr) siano percepiti per quello che sono: ossia strutture profondame­nte contempora­nee e inserite nel tessuto della città».

Ecco perché occorre aspettarsi già dai prossimi mesi, un numero sempre maggiore di iniziative che avranno luogo proprio nei musei: convegni (anche corsi veri e propri: il primo tentativo sarà una summer school al museo degli Affreschi) ma anche concerti, che in parte già si tengono e aperitivi. Una prima novità arriverà nel periodo di Pasqua e riguarderà la Galleria di Arte Moderna, con il recupero e la valorizzaz­ione della collezione ottocentes­ca e novecentes­ca. Il passo successivo - anticipa Rossi - sarà quello di rendere i musei più accoglient­i per le famiglie, con strutture dedicate a mamme e neonati. Infine ci sarà il banco di prova per la candidatur­a al ruolo di città della cultura: il settecente­nario della morte di Dante Alighieri, che cade - non è un caso proprio nel 2021. Un’occasione per fare di Verona, secondo Sboarina e Briani, qualcosa di diverso dalla città di Giulietta e Romeo.

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